martedì 25 marzo 2008
À L’UFÉZZI POSTÈL (n. 105)
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:28:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
AL SBÀLI (n. 104)
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:27:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
RAZÌSUM (n. 103)
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:23:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
ALTRUÌSUM (n. 102)
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:22:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
Proverbio n. 262
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:15:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 261
Pòrca fìga ed béssa!
Curiosa esclamazione del tempo che fu!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:14:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 260
Vàddri cumpàgna a un tóch pr’al cùl.
Non vederci molto bene!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:13:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 259
Savàir dùvv as métt Garibèldi.
Sapere con quale donna si va (Garibaldi è una… metafora!).
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 16:12:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
NONNA ADA
Era nata nel 1882 da famiglia poverissima e, praticamente, non era mai andata a scuola, ma era la nonna ideale che auguro di avere ad ogni bambino. Il suo nome, bello, breve e nobile, ma che nessuno si sogna più di dare oggi ad una figlia invece degli esotici Samantha, Deborah, Cinzia e cose del genere, è di origine germanica (o ebraica nella forma "Adah") col significato di "nobile" (o "adornata"). Ma un giorno mi disse: "Sai? C'è anche un fiume che si chiama così": si vede che qualcuno, nel passare l'Adda, glielo aveva riferito, …senza dare molta importanza alle due "d"!
Era nata alle Roveri, oggi un quartiere di Bologna, ma allora era un piccolo centro di campagna ed aveva un'amica bolognese (della quale non ricordo il nome) che parlava con la caratteristica "flemma" petroniana e diceva: "L'ètra sìra mé a andó a chèsa…", espressione che mia nonna non usava, ciò è la dimostrazione che un secolo fa il dialetto di città si differenziava ancora molto da quello anche della più prossima campagna. Oggi anche in città si dice: "L’ètra sìra mé a andé a cà"!
I suoi insegnamenti erano forse rozzi, ma efficaci, tanto che ancora li ricordo: mi diceva che, se non stavo buono, sarebbe venuta la "burda" o il "luppo" (cioè il lupo, sempre per la poca importanza delle doppie!), cose che mi terrorizzavano, ma io stavo buono, sicuramente …più buono di certi infernali marmocchi d'oggi, allevati con il metodo Montessori!
Per insegnarmi a rendere al proprietario le cose trovate, mi diceva:
"Al Sgnàur al dìs…re…re, chi tróva la róba a la dàga a chi l’é e al Dièvel al dìs ro…ro, chi tróva la róba l'é la só!" Un misto di religiosità e d'insegnamento spicciolo, ma è sempre ai risultati che bisogna guardare: io sono cresciuto con un'onestà endemica della quale non mi sono mai fatto vanto, poiché per me sarebbe stato molto più difficile rubare!
Mi raccontava anche varie frottole popolari, come quella che spiegava perché le donne dovevano stare in chiesa col fazzoletto in testa, mentre gli uomini potevano restare a capo scoperto: "Él dón égli àn tótt i cavì maledétt, mànch ón e i ómen tótt i cavì bandètt, mànch ón"! Seppi poi che il motivo era diverso: un tempo i capelli lunghi non erano cosa per donne perbene (vedi Maddalena), perciò occorreva coprirli.
Mi diceva che la notte di S.Antonio, protettore degli animali (17 gennaio), tutte le bestie parlavano e ci credeva! Infatti raccontava la storia di un "bióich" (il bifolco, cioè chi governa le stalle), il quale dormiva nella stalla e certi suoi amici gli fecero uno scherzo atroce: si nascosero dietro una mangiatoia e dissero con voce…bovina: "Stanót a purtàn al bióich a la bùsa" (stanotte seppelliremo il bifolco)…e il poveretto morì d'un colpo (l'infarto di una volta).
Raccontava spesso quei detti che facevano ridere i bolognesi d'allora, come quello del padrone meravigliato del fatto che Patella, il suo fattore, avesse due cani e la botta e risposta dei due era così:
- "Quaión, Patèla, a avì du càn!"
- "Quaiàn, padràn, ch'avì da dèri da magnèr!"
Era dolce con me e mi faceva giocare con le dita, recitando la famosa filastrocca che, anni dopo, avrei incontrata ancora sui libri di Menarini: "Pin Pinèl da l'óli bèl, da l'óli fén còntr'a Martén, galén-na zópa sàura a una fiópa, ecc, ecc,". Mi raccontava le favole per farmi addormentare e alcune me le raccontava in italiano, o almeno in quella lingua che lei credeva fosse italiano; il lupo, travestito da gatta, diceva: "Menini, menini, venite a prendere il mio titino", traduzione dell'antico "mnén", cioè "micetto", che oggi si chiama solo "gatén".
Alla fine delle favole in dialetto, la formula era sempre la stessa: "I fénn un gràn nóz e strangóz, ch'an i vanzé gnànch un ós: ai vanzé sàul una ftlén-na ed parsótt, che ch'al làuv ed (Pavlén) al le magné tótt": la versione bolognese di "E vissero felici e contenti", dove però il nome del "làuv" (in italo-bolognese "lupo o lupone", cioè "ingordo"), cambiava ogni volta.
A volte, per farmi sorridere, mi faceva il gioco della "topaccia" (traduzione italiana di "pundgàza"): arrotolava uno straccio a forma di un grosso topo, lo teneva su un braccio e, mentre con una mano lo accarezzava, con l'altra lo faceva scattare in avanti e io ridevo ogni volta!
Mi difendeva talvolta dall'ira di mio padre (erano i tempi nei quali ancora vigeva la regola del "santo smataflone"), quando io facevo i capricci e lui mi allentava una sberla: "S'av saltéss vì él màn!" diceva furente, poiché con mio padre si davano del "voi”, tuttavia loro due si volevano bene come madre e figlio, tanto che ancora oggi mio padre, ormai ultranovantenne, si commuove quando parla di lei.
Quando lui a tavola si lamentava che la bistecca era dura, lei rispondeva stizzita: "A sì vó ch'avì i dént ch'in tàien brìsa!"
Odiava le donne pettegole e le apostrofava: "Ch'la sbraghiràn-na ed ch'la bragàn-na", come odiava le giovani poco inibite: "Li lé l'é una bagaiàtta, l’é un avànz da baladùr!".
L'usatissimo e bolognesissimo "Sócc'mel" era per lei espressione troppo volgare e preferiva "Cóchmel" o il famoso "Sóccia l'óv" (Soccialovo!). E ancora ricordo, con tenerezza, quando mi veniva a svegliare al mattino: "Paolo, svegliati: è le otto!", traducendo alla lettera il dialetto che dice: "L'é ‘gli ót!" e non come il recente ed italianizzato "I en égli ót"!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:57:00 2 commenti
Argomento: Personaggi
domenica 16 marzo 2008
LA IÉNA RÌDENS (n. 104)
Al dé dàpp l'intèrroga e al tàca Nino: "Mi pèder, ch'l'é un veterinèri, al m'à détt che la jéna rìdens, l'é óttil par la pulizì d'la forèsta".
Al cunténnua Luca: "Mi pèder, ch'l'é un etòlogh, al m'à détt che la jéna rìdens l'é una bìstia rubóssta".
Ai tàcca a Pirén: "Mì pèder, ch'al fà al muradàur, al m'à détt che a magnèr d'la mérda e a ciavèr una vólta a l'àn ai é póch da rédder!"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:16:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
LA MEDGÉN-NA PR’I CAVÌ (n. 103)
"Dì' só Pirén, una vólta t'an ér plè ànca té?" al fa ón.
Tótt dù felìz, i dezìden d'andèr al cìnema. Quànd la s'impéiia la lùs, i vàdden davànti a làur una gràn tèsta plè e ón al dìs a ch'l'èter:
"Ai al giàggna ànch a luqué?"
Ai péccen int una spàla: "Éi, ch'al scùsa".
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:06:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
Proverbio n. 258
L'é ón da cùl e da pónta.
Dicesi di persona che si presta a qualsiasi servizio.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:05:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 257
Purtèr con dignitè al zimìr.
Portare le corna con noncuranza.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:04:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 256
Avàir durmé col cùl scuért.
A chi si alza di cattivo umore (o col raffreddore).
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Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 255
Èser un faquaióni.
Fare il sornione.
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Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 254
Èser un sgorbiaséruv.
A chi si dedica a donne dappoco o a conquiste ancillari.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:58:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
LA BOLOGNA DI TIZIANO COSTA
Paolo Canè
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Argomento: Personaggi
lunedì 10 marzo 2008
Proverbio n. 253
A Budrì ai é del bèli campèn (i ómen i én bécch e el dón putèn)!
Dicesi di coppie di sposi che si rispettano molto limitatamente.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:04:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 252
Avàir i sbérr de drì dal cùl.
Dicesi a chi ha sempre una fretta maledetta!
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Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 251
L'é bàn tótt quàll ch'a se spénz só e tótt quàll ch'a se spénz zà!
Antica saggezza delle nostre nonne.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 19:01:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 250
- L'à un cùl che, se al le prélla all'insó, ai pól andèr i pasarén a fèr al nìd.
- L'à un cùl che par girèrel tótt ai vól al tranvài.
Due espressioni analoghe per chi ha molta fortuna!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:59:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 249
L'ària la fa pió schìv che una caghè int i linzù.
Dicesi di aria irrespirabile per lo smog.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:57:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
NOVITA' EDITORIALE: BRISA PAR CRITICHER
"Brìsa par critichèr (…mó par stèr alìgher!")
Anche questo libro si compone di una prima parte, a cura di Tiziano Costa, nella quale il noto storico ci racconta in chiave semiseria alcuni fatti della Bologna d’oggi in relazione con analoghi fatti di ieri. La seconda è costituita da 265 nuove storielle da me raccolte e sempre dedicate a mio padre Giovanni.
A tutti coloro che lo leggeranno auguro buon divertimento e chiedo loro di farmi avere qualunque tipo di critica o di commento, ciò che mi sarà utile per sapere se dovrò procedere nellepubblicazioni… o se dovrò smettere!
Un saluto da Paolo Canè
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:52:00 4 commenti
Argomento: Libri
L’AMÌGH MÀRIO (n. 102)
- "Vùt scumétter dismélla frànch che mé a lulé ai càz una bóta in tèsta?"
Ai càza una gràn giacóba int la plè e gli dìs: "Adìo Mario, it qué anca té?"
Quàll als vólta incazè e al dìs:
I dù amìgh i vàn drì, is métt'n à séder de drì da ló e ón al dìs:
- "Vùt scumétter èter dìs mélla frànch ch'ai càz un'ètra bóta?"
Ai càza un'ètra gran pàca: "Adìo, Mario!".
Quàll als vólta incazè nàigher:
E làur drì!
- "Vùt scumétter ch'ai càz un'ètra pàca?"
Ai và de drì, ai càza un'ètra gràn pavèna e a gli dìs: "Óu, Mario: sèt che là zà in platèa ai é ón ch'al pèr tótt té?"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:39:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
AL PLÈ UTIMÉSTA (n. 101)
Ai é ón, tótt plè, ch'al và int'na farmazì par d'mandèr s'i àn quèl par fèr cràsser i cavì.
- "Ló l’é fortunè" a gli dìs al farmazésta. "Própi incù ai ò méss in cumerzì una nuvitè ch'ai ò inventè mé e ch'l'é miracolàusa par fèr turnèr a cràsser i cavì!".
In st'mànter ch'al và a tórla, al d'mànda:
- "Vólel al flacàn grànd o cén?"
- "Ch'a m'al dàga pùr cén: im dàn fastìdi i cavì davànti ai ùc'!".
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:38:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
L’ASPIRADÀUR (n. 100)
Un'arzdàura la sént sunèr a l'óss, la và a'vrìr e ai é un rapresentànt ch'al vànd di aspiradùr:
- "Sgnàura, quàsst qué l'é un aspiradàur spezièl ch'al puléss i tapìd e al smunéss ànch i lavandén. Sànza impàggn, s'la vól, a fàn una próva".
- "A si capitè al mumànt gióst: ai ò al bidè muné".
Al rapresentànt al tira fóra tótt l'armamentèri e al métt in moto tótta la fazànda. L'aparàcc' al tàca a tirèr, a tirèr con una gatèra ch'al parèva un areoplàn e à la fén "flòp" al sacàtt als rimpéss. I vàn a'vrìr e dànter ai éra un umarén tótt nùd:
- "Bàn, e ló chi él?"
- "Mé a sàn l'inquilén ed sàtta e ai éra int al mi césso ch'a caghèva!"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:33:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
ALBERTO MENARINI (1904-1984)
Non mi dilungherò pertanto a ripetere quanto siano stati importanti i suoi studi su Bologna e i bolognesi e come egli sia da anni il mio maggior punto di riferimento, ma mi limiterò oggi, a 24 anni dalla sua scomparsa, a puntualizzare alcune pietre miliari, alcuni aneddoti, alcuni rimpianti.
Avrei tanto voluto conoscerlo per tributargli la mia ammirazione, ciò che il Comune ha fatto dedicandogli una breve strada a Porta Galliera (ma meritava un viale come quelli intitolati a Togliatti e De Gasperi) e che la nostra Università, per quella più volte citata spocchia degli accademici, gli ha riconosciuto in extremis, conferendogli una laurea "ad honorem" solo nel suo ultimo anno di vita! E pensare che Benigni ne ha già avute tre e Guccini una! Lui che pubblicò nel 1942 il suo primo lavoro sui dialetti (I Gerghi Bolognesi), oggi purtroppo introvabile, che fu da subito uno dei testi più importanti in materia, più volte citato da altri Autori. Lui che ha scritto una quindicina di testi fondamentali sul nostro dialetto e sulla nostra città, testi dei quali finora possiedo purtroppo soltanto dieci. Lui che ha scritto anche altre opere sulla nostra lingua e su alcune lingue straniere.
Nel luglio del 2004, in occasione dell'80° anniversario del famoso "Fatàz di zardén Margarétta" ho organizzato una festa alla quale hanno partecipato poche persone, ma della quale sono molto orgoglioso. Avevo invitato anche Gianni Menarini, suo figlio, poiché questi, insieme con Guccini, aveva pubblicato nel 1990 un libro con la famosa "zirudela" restaurata, gli atti processuali, foto, disegni, ricordi e interviste. Egli si negò al telefono e parlai con la moglie, la quale mi disse che il marito aveva abiurato quel lavoro e che non si sarebbe mai sognato di partecipare. Le chiesi allora che cosa facesse quest'uomo ed ella mi rispose che faceva il "poeta" e lo "scrittore". Complimenti!
Il fatto grave è che nessuno (tanto meno quel suo figlio "scrittore") ha raccolto la sua eredità e, dopo di lui, non soltanto c'è il "deserto", ma, a quanto pare, non esistono nemmeno quei seguaci ch'egli avrebbe meritato.
Tra di essi c'è qualche elemento che si esprime con l'indecifrabile linguaggio degli "addetti ai lavori", mentre gli altri sono sciacalli, dilettanti (come il sottoscritto) e mistificatori che, non attenendosi ai suoi insegnamenti, hanno fatto fare un salto indietro di un secolo alle ricerche sul nostro dialetto.
Egli ha messo a punto, tra l'altro, la migliore e più esatta grafia dialettale, a partire dei suoi "Gerghi" fino al "Pinzimonio Bolognese", l'ultima sua opera. Una grafia che, oltre a riprodurre esattamente i nostri non facili suoni, è di facilissima lettura oltre che di una semplicità esemplare. Io mi rammaricherò sempre che non abbia voluto fare un dizionario e una grammatica e che nessun Ente abbia riconosciuto il suo metodo come l'unico possibile, relegando così tra gli "ignoranti" tutti coloro che, dopo di lui, hanno creduto di non seguire o di stravolgere i suoi insegnamenti.
Ciò che io sbrigo in poche parole sull'argomento grafia, lui lo espone in modo esauriente e dettagliato in diversi suoi libri, specialmente in questa sua ultima opera (il Pinzimonio), uscita nel 1985 e data alle stampe dai figli i quali la trovarono già finita e pronta per la pubblicazione:meno male che hanno voluto fare questa… fatica!
Il "Pinzimonio" rappresenta una specie di testamento del Menarini: mentre tutti gli altri libri s'incentravano su un determinato argomento (proverbi, personaggi, animali, monumenti, ecc.), questo parla un po' di tutto e comprende preziosi aggiornamenti delle sue precedenti opere, soprattutto gerghi e proverbi. Quasi che il vecchio studioso, sentendosi prossimo alla fine, abbia voluto mettere insieme tutti quegli appunti ricavati da una vita di osservazioni e di ricerche, in modo che non andassero perduti. E per questo io lo ringrazio ancora, poiché per me la sua opera non è semplice lettura, ma oggetto di continuo studio.
Egli ha più volte ribadito la necessità di fissare sulla carta parole, usanze, personaggi ed espressioni in via di sparizione, affinché i posteri potessero averne una testimonianza. Forse i nostri figli e più ancora i nostri nipoti faranno in tempo ad assistere al definitivo declino del dialetto, ma per tutti coloro che in futuro vorranno sapere come si parlava, come si scriveva il dialetto, usi e costumi e tante altre importanti notizie sulle nostre radici, l'opera del Menarini sarà fondamentale ed insostituibile, anche perché aggiorna e corregge la maggior parte di quanto è stato scritto prima del suo tempo. Meriterebbe un monumento, in questa città così povera di statue!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 18:17:00 1 commenti
Argomento: Personaggi
martedì 4 marzo 2008
Proverbio n. 248
Làstel métter.
Lasciati convincere.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:48:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 247
Andèr'l a tór int al miàur dal scarciófel (o indóvv is cmànzen i panìr).
Andare a quel paese.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:47:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 246
Ch'sa pretàndet dal cùl? Una rumànza?
Dicesi a chi pretende cose improbabili.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:46:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
SECÀND (n. 99)
"Stèv a magnèr con nuèter, Gisto?"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:42:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
AL WÙSTER (n. 98)
"Cùmm fàggna?" al d'mànda ón.
Apànna che al barésta al vàdd un spetàquel dal gèner al s'incàza: "Brótt pùrz! Fèr di lavurìr acsé int un lochèl póbblich!" e ai càza fóra in mèz à la strè.
"Ostia, sèt t'è avó un bèl'idèa! Acsé avàn b'vó grètis! Dài, andàn int un èter bàr".
In ch'l'èter bàr, stàssa séna e, tótt cuntént, e sàmper pió instiatinè, i fàn al gìro ed tótt i bàr. Dàpp a trài o quàtr'àur, imbariègh dùr, i n'in pólen pió ed bàvver, mó i àn fàm e ón al dìs:
"S'magnàggna al wùster adès?"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:37:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
L’ÒSTESS (n. 97)
"Ooo, adès a càz só al pilòta automàtich, a bàvv un cafà e am fàgh fèr un bèl buchén da l'òstess!"
Mó als n'éra brìsa acórt che al micròfon l'éra vanzè impiè! L'òstess, ch'l'éra in fànd a l'areoplàn a sarvìr da bàvver ai pasegér, la d'vànta tótta ràssa e la córr vérs la gabén-na ed pilotàg' col cabarè in màn, sàul che la scapózza e la rózzla par tèra. Alàura ai sèlta só un v'ciarlàtt ch'a gli dìs:
"Ch'la vàga pur piàn, sgnurén-na, l'à détt che prémma al bàvv un cafà!"
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:33:00 0 commenti
Argomento: Barzlatt
RUBBIANI e BOLOGNA
Credo che non sia possibile studiare il dialetto della propria città, senza studiare anche l'italiano e le altre lingue e non è possibile parlare del proprio dialetto, senza conoscere la storia della città e di conseguenza anche la storia d'Italia. La storia delle città viene chiamata "storia minore", ma non è giusto, poiché la storia "maggiore" è fatta con l'insieme di tutte le storie "minori". La sola differenza, forse, sta nel fatto che quella maggiore riporta fatti e giudizi precisi (almeno quei fatti e quei giudizi che qualcuno ha deciso fossero quelli ufficiali), mentre spesso in quella minore si mescolano storia vera e leggenda, verità e fantasia, proprio in osservanza a quella "dichiarazione di prestigio" che serve ad insaporire fatti non proprio importanti e che è insita in ogni fatto raccontato a voce. Le storie orali tendono sempre ad ingigantire e ad abbellire i fatti (vedi la storia del Jazz che ha appena 85 anni di vita e conta già almeno 20 versioni circa le sue… vere origini!), ma sarà poi la storia "maggiore" che distinguerà il vero dal falso, anche se poi il vero potrebbe risultare falso e viceversa!
Alfonso Rubbiani (1848-1913), il grande restauratore bolognese, è ormai scomparso da 95 anni, ma c'è ancora chi osteggia le sue idee, come fortemente osteggiato fu dai suoi contemporanei. Io credo che, al contrario, egli meriti lode e gloria. Non era architetto, come pure Marconi non era laureato ed entrambi sono stati ostacolati anche per questo motivo, ma credo che entrambi abbiano dimostrato che un asino laureato resta un asino e basta! Rubbiani ha fatto molti restauri a Bologna: i Palazzi Re Enzo, Mercanzia, Notai, Comunale, Bevilacqua, il Collegio di Spagna, la "Viola", Porta Maggiore, S. Domenico, S. Francesco, S. Petronio (le bifore) e i castelli dei Manzoli e di Bentivoglio, fuori città. Ma è stato criticato perché riteneva la Bologna "vera" quella dell'età comunale e io credo che avesse ragione: si può perdonargli questa "dichiarazione di prestigio" per una città che proprio in quel periodo ha raggiunto il suo massimo splendore!
Il critico d’arte bolognese Eugenio Riccomini, che non riscuote le mie particolari simpatie personali, ma sempre buon critico d’arte resta, è anch’egli del parare che Rubbiani sia stato forse l’unico,vero difensore dei monumenti bolognesi che le amministrazioni del tempo invece hanno distrutto. Dice anche che Rubbiani “protodemocristiano”(!) sia andato a Roma per difendere lo Stato Pontificio contro i Savoia: se è vero, doveva essere ancora ben giovane; se è vero, alla luce di ciò che si sono dimostrati i Savoia, credo che non avesse torto!Perciò viva Rubbiani: ce ne fossero di restauratori e di uomini come lui!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:30:00 0 commenti
Argomento: Personaggi
COMUNICATO: PROGRAMMA PUBBLICAZIONI
a) Nuova sezione "Personaggi" in cui troverete articoli su persone che hanno fatto la storia del dialetto e di Bologna.
b) Riprende la pubblicazione delle "Barzlàtt" (dal libro "Vgnì mò qué bulgnìs")
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 13:16:00 0 commenti
Argomento: Comunicati
sabato 1 marzo 2008
Proverbio n. 245
L'à i ùc' ch'i pèren dù bùs dal cùl.
Dicesi di donna eccessivamente truccata!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:20:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 244
T'gnìr al maré pr'al màndgh d'la pànza.
Sapere come tenersi il marito!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:19:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 243
Al pèr ón ch'sèppa drì a caghèr di rézz ed castàgn.
Dicesi di persona dall’eterno aspetto tetro ed accigliato.
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:18:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
Proverbio n. 242
Fèr caghèr i zechén.
Obbligare qualcuno a dire tutta la verità (da un antico aneddoto).
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:17:00 0 commenti
Argomento: Proverbi triviali
29 febbraio 2008 - San Giusto
"Febbraio bisestile" fà fèsta l'ùltum dé
"al nome di San Giusto" e v'lìv savàir parché?
I én tànte pùch i "giusti" in 'st mànnd fàt sàul d'ingàn
ch'al bàsta a festegèri…un dé ògne quàtr’àn!
Pubblicato da Riccardo G. alle ore 15:11:00 0 commenti
Argomento: Rime in pillole