NOMI BOLOGNESI
In un capitolo precedente ho parlato dei “Cognomi Bolognesi”, elencandone alcuni tra i più diffusi, con la loro brava “traduzione” in dialetto (quando esiste). Ora farò la stessa cosa per i nomi di battesimo, che dividerò in gruppi. Ma prima due premesse:
1) ne prenderò in considerazione solo un centinaio tra i più diffusi
2) la “traduzione” o “dialettizzazione” dei nomi è pratica antica e ormai superata.
Oggi, infatti, anche tra chi parla dialetto, si tende a chiamare la gente col loro nome italiano: non si dice quasi più “ai ò vésst Martén” ma “ai ò vésst Martino” e ciò evidentemente per l’influenza della lingua sul dialetto, che ha mandato in pensione le vecchie forme dialettali dei nomi, prima ancora che… il dialetto stesso!Nel seguente primo gruppo elencherò i nomi, i quali avrebbero il corrispondente in dialetto, ma solo pochi sono ancora comunemente usati e altri sono ormai incomprensibili ai più, perciò usarli rappresenterebbe un’inutile forzatura. Molti di tutti questi nomi hanno anche la loro versione femminile, con le stesse regole.
Adriano Adriàn
Agnese Agnàisa
Bertoldo Bartóld
Bruno Brón (che, tra l’altro, è bruttissimo!)
Camillo Caméll
Caterina Catarèn-na
Cesare Zàiser (vicino al latino e al tedesco, più che al toscano)
Cristiano Cristiàn (che però ricorda troppo l’espressione “che brótt cristàn!”)
Duilio Duélli
Emilio Emélli
Enrico Andrìcco *
Fabrizio Fabrézzi
Federico Fedrìgh
Felice Felìz (vedi dopo anche Flìs)
Gaetano Gaitàn
Giulio Giólli (raro e brutto: Zólli)
Giuseppe Ióffa o Pepìno (vedi dopo anche Iusèf)
Icilio Izélli (nome abbastanza frequente a Bologna)
Lorenzo Lurànz
Margherita Margarétta (antico: Ghìta e Ghitón, della famosa omonima osteria)
Maria Marì (e vari diminutivi: Mariulén, Marióla, ecc.)
Martino Martén
Maurizio Maurézzi
Michele Michél (ma usato, più che per Michele, per Sanmichél= trasloco)
Ottavio Utèvi
Paolo Pèvel (e il diminutivo Pavlén, ma il Santo è quasi sempre Paolo!)
Primo Prìmmo (con la sua brava doppia “m”!)
Sebastiano Sebastiàn
Severino Severén
Simone Simàn (anche per “gatto” e la Simàn-na era la sorella maggiore, zitella!)
Tiziano Tiziàn
Ulisse Uléss
Vincenzo Vizànz
Virgilio Virgélli
Vittorio Vitóri
* Ormai quasi nessuno dice più “Andrìcco” a chi sia chiama Enrico e “al sgnàur Andrìcco” significava anche “ano” o “sedere”, ma non saprei dire se ciò vale per tutti i bolognesi o soltanto per un quartiere o per qualche altra cerchia ristretta di persone!
Del secondo gruppo fanno parte quei nomi che hanno la forma bolognese solo nel diminutivo, compresi Agostino, Arduino e Severino (elencato sopra) che sono già nati in forma diminutiva.
Adele Adelén-na
Agostino Agustén
Anna Nóccia (sempre più raro)
Aduino Arduén
Carlo Carlén (come l’antica moneta, l’omonima via e il giornale)
Davide Davidén (sempre più raro)
Fausto Faustén
Franco Franchén
Giorgio Giurgén
Giovanni Z’vanén o Zanàtt
Raffaele Raf’lén
Rosa Rusén-na
Sante Santén (buffo, detto d’un cesto: “s’al tén al tén, s’an tén l’à al cùl ràtt”)
Stefano Stuanén (sempre più raro e forse più romagnolo che bolognese)
Ugo Ugarén (sempre più raro)
Il terzo gruppo comprende quei nomi i quali, nella loro forma completa, vengono detti in italiano, ma in dialetto hanno un aferetico, cioè una forma contratta.
Adelmo Délmo
Alfredo Frédo
Augusto Gùsto
Alberto Bérto
Amedeo Medèo
Edmondo Móndo
Eligio Lìggio (con la sua brava doppia “g”!)
Egisto Gìsto
Elisa Lìsa
Ferdinando Nàndo
Francesco Checco (e di diminutivi Chichén, Chicàn, ecc.)
In questo gruppo metto altri nomi che hanno sia l’aferetico che il diminutivo:
Adolfo Dólfo e Dulfén
Alessandro Sàndro e Sandrén
Antonio Tóni e Tugnén (che significa anche “tedesco”!)
Luigi Gìg’ e Gigén (e diverse varianti: Gigiulén, Gigiàtt, Luigén, ecc.)*
Teresa Tìsa o Tìta o Tisén (tutti molto obsoleti)
*Luigén era chiamato anche il vermiciattolo che albergava nelle mele, quello che in dialetto pioemontese si chiama “Giuanìn”!
Il quarto gruppo comprende alcuni nomi che hanno un doppio significato:
Angelo ha solo il diminutivo Anz’lén, ma l’angelo è ànzel
Benedetto l’aggettivo benedetto è bandàtt o bendàtt, ma il nome non credo!
Leone l’animale è leàn, ma il nome non ha traduzione, se non…forzata.
Marina l’arma è la marén-na, per il nome idem come sopra
Natale ha solo il diminutivo Nadalén, ma la Festa è Nadèl
Regina la sovrana è regén-na, ma il nome dovrebbe restare invariato
Vera l’anello è vargàtta, l’aggettivo è vàira, ma il nome resta invariato*
* un gioco di parole, che ho inventato su due piedi, ad ulteriore dimostrazione della varietà del dialetto rispetto alla lingua, potrebbe essere la frase (un po’ bislacca) che in italiano fa “la vera Vera ha infilato la vera”, ma in dialetto “la vàira Véra l’à insfilzè la vargatta”, cioè l’autentica (sposa) di nome Vera ha infilato la fede!
Il quinto ed ultimo gruppo è…dimostrativo! Qui si dimostra come in passato, quando il popolo parlava italiano poco o per niente, ogni nome ha evidentemente avuto la traduzione in dialetto. Infatti si tratta di una lista di nomi (alcuni di essi molto rari o improbabili per i bambini di oggi!) che non si traducono più in dialetto, ma sono rimasti per indicare chiese, strade, paesi, ospedali, figure del presepe, ecc. Del resto è normale che nei nomi delle città, dei paesi e nei cognomi, resti la forma antica ad onta dei cambiamenti della lingua. Sono tutti nomi di Santi:
Bartolomeo San Bartalmì
Basilio San Basélli
Biagio San Bièsi (festa a Castel de’ Britti il 3 febbraio)
Cristoforo San Cristófer
Damiano San Damiàn
Domenico San D’màndgh (la chiesa, ma il nome resta invariato)
Donato San Dunè
Donino San Dunén
Egidio Sant’Egìdi
Felice San Flìs (la via omonima ha l’antica forma dell’attuale Felìz)
Francesco San Franzàssch
Giacomo San Iàcum *
Giorgio San Zórz (il paese di S. Giorgio di Piano)
Giovanni San Z’vàn (il paese di S. Govanni in Persiceto)
Giuseppe San Iusèf (la statuina del Presepe)
Isaia Sant’Isì
Leonardo San Leonèrd
Luca San Lócca (nessuno chiamerebbe così i tanti Luca di Bologna)
Mamolo San Màmel (nome che deriva da San Mamiano)
Marco San Mèrch (l’Evangelista)
Matteo San Matì (vale anche per Mattia)
Orsola Sant’Àursla (l’ospedale)
Petronio San P’tróni**
Pietro San Pìr (vale anche per Piero)
Ruffillo San Rafèl (forse un tempo valeva anche per Raffaele)
Rocco San Róch
Stefano San Stéven (vedi sopra tra i diminutivi)
Vitale San Vidèl
* Iàcum o, come dicono altri, Iàcub (per influenza di Iacopo o Giacobbe), ricorda il famoso Borgo omonimo, il nome della località Croce del Biacco (la scritta “B.Iaco” significa Beato Iacob) e una cosa che sanno quasi tutti i bolognesi, cioè “al bùs d’la iàcma”, il punto da dove si preannuncia il bel tempo, che sarebbe, secondo alcuni, in direzione del Santuario spagnolo di Santiago (San Giacomo) de Compostella!
** Secondo il De Felice, il nome Petronio avrebbe in Italia solo 300 occorrenze e soltanto 100 di esse sarebbero in Emilia-Romagna. Ho sempre ritenuto strano che il nome del nostro Patrono sia stato imposto a così pochi nati: non sarà bellissimo (sempre meno brutto di altri), ma credo che il motivo sia… che non è di moda!
E’ ovvio che il centinaio di nomi che ho preso in esame danno soltanto un’idea dei tanti nomi di battesimo esistenti. Alcuni sono sempre stati comuni e diffusi a Bologna come, ad esempio, Dante, Cesira, Dino, ecc., ma sono quasi tutti nomi che vengono pronunciati in italiano, poiché non esiste il corrispondente dialettale.Quanto ai nomi dati ai bambini, da queste parti, ma soprattutto in Romagna e nel ferrarese, c’è materiale per scrivere un libro. E sarebbe un libro comico, poiché alcuni sono veramente inconsueti e buffi. Molti genitori si sono ispirati alle loro passioni musicali (Aida, Radames), politiche (Lenin, Benito, Irredento, Italia) e altri ancora…chissà dove sono andati a pescarli (Vanes, Cafiero, Sonnino, Taide,ecc.).Certo che, prima di dare il nome ad un figlio, bisognerebbe pensare che lui se lo deve portare per tutta la vita (a meno ché non ricorra ad un diminutivo) ed anche che potrebbe avere gusti e idee opposti a quelli dei genitori. C’è chi impone un nome inconsueto, semplicemente perché gli piace o perché vuole “coprire” (crùver) quello del nonno, ma in tutti i casi si dovrebbe fare attenzione anche al cognome, un esempio per tutti che riguarda sia un calciatore che un dialettologo: non si può dare un nome, pur bello, come Francesco a chi si chiama di cognome Coco, poiché dopo averlo sentito pronunciare, qualcuno potrebbe anche aspettarsi… un uovo!
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Paolo Canè
Paolo Canè
1 commento:
"...Simàn anche per “gatto”..."
La frase mi ha incuriosita.
Sto scrivendo una tesi sui nomi di animali nel dialetto bolognese e vorrei capire se con questa affermazione si intende che il gatto può anche essere comunemente chiamato "Simàn", ed eventualmente qual'è la fonte.
Grazie mille.
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