A quelli come me, nati e cresciuti nella seconda metà del novecento, nella zona chiamata ora "Quartiere Savena" e dintorni, Bologna sembra una città di terra: sappiamo che il Reno scorre a Nord, molto lontano, sappiamo che il Savena scorre da queste parti, che l'Idice passa un po' più a Sud a San Lazzaro ed abbiamo soltanto sentito i nostri vecchi parlare dell'Aposa, dei Canali di Reno e di Savena, del Navile, del Cavaticcio ed altri nomi di piccoli fossi o canali che a noi suonano esotici, anche perché non li abbiamo mai visti. Soltanto studiando la storia della nostra città, aiutati da molte belle pubblicazioni recenti e corredate di foto e di antiche mappe, siamo venuti a conoscenza che Bologna è stata per secoli una città d'acqua!
Siamo pronipoti di marinai e…non lo sapevamo! Pochi sanno che un tempo Bologna ebbe anche un porto e una flotta e che essa vinse niente meno che una battaglia navale contro la potente Serenissima Repubblica di Venezia, alla guida del capitano genovese Pietro Ferri, per il possesso delle Saline di Cervia (anche se poi esse passarono sotto il dominio della Repubblica Veneziana)! Ma tutta la città, nella gloriosa Era Comunale, era un reticolo di canali, derivati dai fiumi e dai torrenti, i quali servivano a fare funzionare migliaia di "macchine" per la produzione dei più disparati beni di consumo. L'energia idrica, ecologica e poco costosa, era quella che muoveva l'economia cittadina, al posto dell'elettricità e dei carburanti derivati dal petrolio e ciò ci dovrebbe indurre a stimare ancora di più i nostri avi, poiché hanno dimostrato d'essere… più intelligenti di noi! Perché abbiamo rinunciato a quelle risorse? Perché abbiamo fatto sparire i corsi d'acqua interrandoli o deviandoli? Forse una risposta c'è, ma non è questa che mi interessa, quanto parlare di questo nostro padre sconosciuto: il Padre Savena. Un nome che ci giunge dall'epoca preromana con la radice "sab" (fosso, torrente) ed il suffisso "ena" probabilmente etrusco, un nome pressoché sconosciuto agli altri italiani che spesso lo pronunciano fastidiosamente "Savéna"! Un padre che non abbiamo tenuto in famiglia, ma che abbiamo come relegato in una Casa di Riposo, poiché non lo vediamo più. Da ragazzo (anni cinquanta) andavo con gli amici a fare il bagno in Savena, dalle parti delle Caselle, lungo la via Guelfa, ma oggi dov'è il fiume? Se dovessimo mostrare a nostro nipote dov'è il Savena qui in città, e non fuori dove è abbastanza visibile, non avremmo a disposizione che qualche affaccio: il ponte che divide Bologna da San Lazzaro, quello delle Caselle, quello di San Ruffillo e pochi altri. Eppure tanti nomi ancora ci ricordano che in quei punti passava il fiume, quando, dalla chiusa di San Ruffillo, il fiume entrava in città e, dallo stesso punto, tra il 1176 e il 1221, fu costruito il Canale di Savena che andava ad alimentare i macchinari, a riempire il fossato della seconda cinta muraria, per poi ricongiungersi con altri corsi d'acqua e andarsi a gettare nel Po.
Il Canale è stato interrato e lo stesso fiume ha subìto deviazioni già in tempi remoti e nel 1770 circa è stato fatto confluire nell'Idice, nei dintorni della Borgatella, in un punto che io stesso, che abito da quelle parti, non sono mai riuscito ad individuare.
Siamo pronipoti di marinai e…non lo sapevamo! Pochi sanno che un tempo Bologna ebbe anche un porto e una flotta e che essa vinse niente meno che una battaglia navale contro la potente Serenissima Repubblica di Venezia, alla guida del capitano genovese Pietro Ferri, per il possesso delle Saline di Cervia (anche se poi esse passarono sotto il dominio della Repubblica Veneziana)! Ma tutta la città, nella gloriosa Era Comunale, era un reticolo di canali, derivati dai fiumi e dai torrenti, i quali servivano a fare funzionare migliaia di "macchine" per la produzione dei più disparati beni di consumo. L'energia idrica, ecologica e poco costosa, era quella che muoveva l'economia cittadina, al posto dell'elettricità e dei carburanti derivati dal petrolio e ciò ci dovrebbe indurre a stimare ancora di più i nostri avi, poiché hanno dimostrato d'essere… più intelligenti di noi! Perché abbiamo rinunciato a quelle risorse? Perché abbiamo fatto sparire i corsi d'acqua interrandoli o deviandoli? Forse una risposta c'è, ma non è questa che mi interessa, quanto parlare di questo nostro padre sconosciuto: il Padre Savena. Un nome che ci giunge dall'epoca preromana con la radice "sab" (fosso, torrente) ed il suffisso "ena" probabilmente etrusco, un nome pressoché sconosciuto agli altri italiani che spesso lo pronunciano fastidiosamente "Savéna"! Un padre che non abbiamo tenuto in famiglia, ma che abbiamo come relegato in una Casa di Riposo, poiché non lo vediamo più. Da ragazzo (anni cinquanta) andavo con gli amici a fare il bagno in Savena, dalle parti delle Caselle, lungo la via Guelfa, ma oggi dov'è il fiume? Se dovessimo mostrare a nostro nipote dov'è il Savena qui in città, e non fuori dove è abbastanza visibile, non avremmo a disposizione che qualche affaccio: il ponte che divide Bologna da San Lazzaro, quello delle Caselle, quello di San Ruffillo e pochi altri. Eppure tanti nomi ancora ci ricordano che in quei punti passava il fiume, quando, dalla chiusa di San Ruffillo, il fiume entrava in città e, dallo stesso punto, tra il 1176 e il 1221, fu costruito il Canale di Savena che andava ad alimentare i macchinari, a riempire il fossato della seconda cinta muraria, per poi ricongiungersi con altri corsi d'acqua e andarsi a gettare nel Po.
Il Canale è stato interrato e lo stesso fiume ha subìto deviazioni già in tempi remoti e nel 1770 circa è stato fatto confluire nell'Idice, nei dintorni della Borgatella, in un punto che io stesso, che abito da quelle parti, non sono mai riuscito ad individuare.
Quasi che ci vergognassimo di questo antico padre che ha dato vita, pane e lavoro ad intere generazioni prima di noi!
Nomi ancora oggi esistenti che noi difficilmente riusciamo a collegare al fiume: il Pontevecchio, che non è, come molti credono, il ponte ferroviario, ma un antico ponte romano sul fiume, ora non più esistente, che si chiamava Ponte Maggiore e che ha dato il nome alla Strada e alla Piazza omonime. Le vie "Fossolo" e "delle Fosse" (che qualche genio ha ribattezzato Fosse Ardeatine!), poiché in quei paraggi, ben prima dell'eccidio nazista, il Savena formava tanti rivoli. La chiesa di S. Antonio di Savena, poiché di là passava. E ancora le vie "Savenella" e "Savena Antico" e, più in centro le vie "Moline", "Cartolerie", ecc. dove il Canale di Savena alimentava mulini e macchine per fabbricare la carta. Ma sono ancora tanti i nomi che ci riportano alla mente sia il passaggio del fiume, sia la tradizione delle vie d'acqua, come i diffusi cognomi Burzi, probabilmente riferito al "burchio" (piccola barca) o Alzani, alla "alzaia" o "alzana", la fune con la quale i cavalli trainavano le barche contro corrente o ancora Brilli, dal "brillo" che cresceva sul greto dei fiumi.
Per non parlare dei cognomi Monari e Molinari che ricordano i numerosi mulini del Savena (ed altri corsi d'acqua) così bene illustrati nel bel libro "Il torrente Savena, la sua valle e i suoi mulini" di Domenico Benni e Gilmo Vianello- Edizioni SSS- 2001.Nei toponimi e nei cognomi (ma anche nei detti: "và bàn int al canèl"), Bologna non ha dimenticato il suo fiume, come sono certo che il vecchio Padre Savena (detto anticamente anche Sapina, secondo Andreas Schott-1622) non ha dimenticato Bologna: siamo noi piuttosto che, presi dal vortice di questa nostra vita frettolosa e stressante, li stiamo dimenticando entrambi!
Nomi ancora oggi esistenti che noi difficilmente riusciamo a collegare al fiume: il Pontevecchio, che non è, come molti credono, il ponte ferroviario, ma un antico ponte romano sul fiume, ora non più esistente, che si chiamava Ponte Maggiore e che ha dato il nome alla Strada e alla Piazza omonime. Le vie "Fossolo" e "delle Fosse" (che qualche genio ha ribattezzato Fosse Ardeatine!), poiché in quei paraggi, ben prima dell'eccidio nazista, il Savena formava tanti rivoli. La chiesa di S. Antonio di Savena, poiché di là passava. E ancora le vie "Savenella" e "Savena Antico" e, più in centro le vie "Moline", "Cartolerie", ecc. dove il Canale di Savena alimentava mulini e macchine per fabbricare la carta. Ma sono ancora tanti i nomi che ci riportano alla mente sia il passaggio del fiume, sia la tradizione delle vie d'acqua, come i diffusi cognomi Burzi, probabilmente riferito al "burchio" (piccola barca) o Alzani, alla "alzaia" o "alzana", la fune con la quale i cavalli trainavano le barche contro corrente o ancora Brilli, dal "brillo" che cresceva sul greto dei fiumi.
Per non parlare dei cognomi Monari e Molinari che ricordano i numerosi mulini del Savena (ed altri corsi d'acqua) così bene illustrati nel bel libro "Il torrente Savena, la sua valle e i suoi mulini" di Domenico Benni e Gilmo Vianello- Edizioni SSS- 2001.Nei toponimi e nei cognomi (ma anche nei detti: "và bàn int al canèl"), Bologna non ha dimenticato il suo fiume, come sono certo che il vecchio Padre Savena (detto anticamente anche Sapina, secondo Andreas Schott-1622) non ha dimenticato Bologna: siamo noi piuttosto che, presi dal vortice di questa nostra vita frettolosa e stressante, li stiamo dimenticando entrambi!
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Paolo Canè
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