martedì 4 marzo 2008

RUBBIANI e BOLOGNA

In psicologia viene chiamata "dichiarazione di prestigio" la tendenza che ha ognuno di noi (chi più chi meno) di dare una migliore immagine di se stesso. E' per questo che alcuni dicono piccole bugie, o tacciono scomode verità, altri abbelliscono la realtà, altri ancora fanno ricerche araldiche per scovare una possibile (ed inutile!) goccia di sangue blu!
Credo che non sia possibile studiare il dialetto della propria città, senza studiare anche l'italiano e le altre lingue e non è possibile parlare del proprio dialetto, senza conoscere la storia della città e di conseguenza anche la storia d'Italia. La storia delle città viene chiamata "storia minore", ma non è giusto, poiché la storia "maggiore" è fatta con l'insieme di tutte le storie "minori". La sola differenza, forse, sta nel fatto che quella maggiore riporta fatti e giudizi precisi (almeno quei fatti e quei giudizi che qualcuno ha deciso fossero quelli ufficiali), mentre spesso in quella minore si mescolano storia vera e leggenda, verità e fantasia, proprio in osservanza a quella "dichiarazione di prestigio" che serve ad insaporire fatti non proprio importanti e che è insita in ogni fatto raccontato a voce. Le storie orali tendono sempre ad ingigantire e ad abbellire i fatti (vedi la storia del Jazz che ha appena 85 anni di vita e conta già almeno 20 versioni circa le sue… vere origini!), ma sarà poi la storia "maggiore" che distinguerà il vero dal falso, anche se poi il vero potrebbe risultare falso e viceversa!
Alfonso Rubbiani (1848-1913), il grande restauratore bolognese, è ormai scomparso da 95 anni, ma c'è ancora chi osteggia le sue idee, come fortemente osteggiato fu dai suoi contemporanei. Io credo che, al contrario, egli meriti lode e gloria. Non era architetto, come pure Marconi non era laureato ed entrambi sono stati ostacolati anche per questo motivo, ma credo che entrambi abbiano dimostrato che un asino laureato resta un asino e basta! Rubbiani ha fatto molti restauri a Bologna: i Palazzi Re Enzo, Mercanzia, Notai, Comunale, Bevilacqua, il Collegio di Spagna, la "Viola", Porta Maggiore, S. Domenico, S. Francesco, S. Petronio (le bifore) e i castelli dei Manzoli e di Bentivoglio, fuori città. Ma è stato criticato perché riteneva la Bologna "vera" quella dell'età comunale e io credo che avesse ragione: si può perdonargli questa "dichiarazione di prestigio" per una città che proprio in quel periodo ha raggiunto il suo massimo splendore!
Il critico d’arte bolognese Eugenio Riccomini, che non riscuote le mie particolari simpatie personali, ma sempre buon critico d’arte resta, è anch’egli del parare che Rubbiani sia stato forse l’unico,vero difensore dei monumenti bolognesi che le amministrazioni del tempo invece hanno distrutto. Dice anche che Rubbiani “protodemocristiano”(!) sia andato a Roma per difendere lo Stato Pontificio contro i Savoia: se è vero, doveva essere ancora ben giovane; se è vero, alla luce di ciò che si sono dimostrati i Savoia, credo che non avesse torto!Perciò viva Rubbiani: ce ne fossero di restauratori e di uomini come lui!
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Paolo Canè

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