lunedì 5 ottobre 2009

RIME IN PILLOLE (pagina 81)

Bologna, un tempo, era nota per la fabbricazione di oggetti in oro falso, il quale con l’uso diventava rosso e perciò si diceva:

L’ór ‘d Bulàggna ch’al d’vànta ràss da la vargàggna

Una specie del detto in italiano dell’oro del Giappone che sembra oro ma è ottone!

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Una volta il mercato si teneva in piazza e, ad una domanda alla quale non si voleva rispondere o sulla quale si voleva scherzare, il colloquio era il seguente:

“Vèt in piàza?”
“Sé, a cumprèr una bèla ragàza!”

(Menarini-Tra Savena e Reno)

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Il 1929 fu l’anno della grande nevicata, ma anche del terremoto a Bologna. I bolognesi non perdettero il loro proverbiale buonumore e cantavano sull’aria del “Tango delle Capinere” una canzoncina della quale riporto un frammento:

Il bolognese stanco
di non dormir tutte le sere,
ha fatto il viso bianco
e le mutande rosa e nere…

A mezzanotte va
la scossettina breve
e nell’oscurità…

E qui la mia memoria diventa lacunosa. Mi sembra solo di ricordare (a meno che non mi confonda con una versione licenziosa coeva) che alla fine del ritornello, al posto di “…e questa è la canzon di mille capinere” dicesse “la canzon del b. d. s….”!
(ricordi di mio padre)

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Tra religione e superstizione. Una volta, passando davanti a una chiesa, si diceva:

Ti saluto, Maria;
saluta Gesù da parte mia.

E per scongiurare le maledizioni:

I azidént i vàn drì a la mùra
e i tàurnen indrì a chi i augura!

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Per predire il futuro ai bambini, essi dovevano contare gli oggetti sotto mno oppuire i bottoni del loor abiti, con la seguenteformula:

Rà, regén-na,
strufiàn e caldarén-na.

continuando fino all’ultimo oggetto o bottone, il quale avrebbe rivelato se in futuro egli sarebbe diventato re, regina, straccio o pentola!
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Paolo Canè

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