sabato 29 settembre 2007

BIBLIOGRAFIA BOLOGNESE

Chiunque si accinga a scrivere qualsiasi cosa, dovrebbe pensare a chi leggerà ciò che scrive. Anche quelli come me, che scrivono per se stessi, per il proprio piacere, in quanto non pubblicano e non si aspettano nulla da ciò che scrivono, dovrebbero far finta di scrivere per qualcuno, in modo da usare le parole ed i toni giusti. E' importante farsi capire da chi legge: un'opera complicata e profonda, se diretta a persone semplici, risulta pedante ed incomprensibile, mentre un'opera leggera e breve, se diretta a persone colte e specializzate, risulta superficiale ed inutile. Non essendo uno studioso, io scrivo opere leggere e brevi, dirette a persone semplici che possono capire facilmente, mentre se esse dovessero leggere ponderosi trattati (e ce ne sono tanti) si annoierebbero subito ed interromperebbero presto la lettura.
E' difficile stabilire quanti libri o trattati siano stati scritti nei secoli su Bologna: migliaia? Decine di migliaia? Un cospicuo tomo di oltre 500 pagine edito nel 1989 a cura degli Autori Cionci, Landi e Onofri (quest'ultimo, impiegato per anni presso la Biblioteca dell'Archiginnasio, è stato anche mio compagno di classe alle Scuole Medie), elenca almeno 5.000 pubblicazioni relative soltanto ai 20 anni dal 1969 al 1989! Vero che nella seconda metà del 900 sono forse stati scritti più libri sulle diverse realtà locali italiane, che non dai tempi di Gutenberg al 1950, tuttavia, se li dovessimo contare tutti, raggiungeremmo una quota astronomica di titoli.
Ma non è di questo che io voglio parlare, poiché lo hanno già fatto ben più autorevoli relatori. Penso che una prima grande "scrematura" si possa fare riferendosi ai soli libri o trattati, eliminando semplici articoli apparsi su varie riviste (compresi nel libro dell'amico Onofri), una seconda si possa fare eliminando ciò che non appartiene a Bologna città, ma alla sua grande provincia, una terza eliminando tutto quanto è stato scritto, in italiano, sulla geografia, la storia, la società, gli usi e i costumi di Bologna: restano così le opere scritte solo in dialetto o sul dialetto, ed è di questo che io vorrei parlare. Opere che saranno sicuramente di meno, anche se molte di più delle poche che si trovano nella mia personale biblioteca!
Penso di poter fare una classificazione a grandi linee di tutta questa produzione in:

opere CREATIVE, commedie, poesie, canzoni, "zirudelle", racconti, ecc.
opere ISTRUTTIVE, ricerche dialettali, grammatiche, ecc.
opere UTILI, ma facili anche se non semplici da compilare, come i dizionari
opere DIVERTENTI e divulgative, come raccolte di detti e proverbi
opere INUTILI, come le traduzioni di frasi, poemi o tomi dalla lingua
opere DA BUTTARE, come tutto ciò che viene pubblicato, saccheggiando altri lavori (spesso con scopi venali) ed anche ciò che non viene pubblicato, come quasi tutto ciò che scrivo io!

Le opere creative sono le più belle, perché raccontano di un popolo certi fatti o caratteristiche che altrimenti sarebbero destinati a scomparire.
Le opere istruttive sono le più difficili e meritorie, poiché comportano anni di ricerca, doti di deduzione, esperienza personale ed una cultura linguistica che va ben oltre i confini del dialetto.
Le opere utili, come i dizionari, non sono difficili da fare, poiché suppongo che il primo (Coronedi Berti 1868-71) sia stato fatto sulla falsariga di un dizionario italiano e quelli più importanti successivi (Ungarelli 1901-1904 e Mainoldi 1965-67) siano stati fatti con un occhio al Coronedi Berti. Di recente ne sono usciti almeno altri due, forse non così importanti, ma di un certo valore che sono il Santarini,a cura di G. Bernabei (1991) e il Vallardi a cura di L.Lepri e D.Vitali (2000) dei quali parlerò ancora più avanti. Opere, dunque, lunghe e complicate, ma non difficili.
Le opere divertenti sono quelle che stimolano la curiosità e l'ilarità dei lettori, i quali trovano o ritrovano curiose espressioni dei loro antenati e sono opere di un certo pregio dal punto di vista della conservazione.
Le opere inutili (sempre a mio parere) possono anche esser mastodontiche, ma non servono a nulla, come la traduzione del Vangelo secondo Matteo scritta dal Conte Pepoli un secolo e mezzo fa, come la traduzione della Divina Commedia di un famoso gioielliere bolognese e altre cose simili. Mi chiedo quale cattolico possa leggere S.Matteo in bolognese, senza trovarlo leggermente blasfemo e a chi interessi la Divina Commedia tradotta, quando è già così bella la versione originale di Dante! Sono inutili esibizioni muscolari, giusto per fare sorridere, ma per sorridere può bastare anche una “zirudella” o una semplice e breve barzelletta!
Infine le opere da buttare e sono quelle in gran parte “scopiazzate” da altre precedenti e pubblicate con scopi non sempre nobili!
Tuttavia, se non "bravi tutti", occorre dire "bravi molti", poiché ognuno, poco o tanto, ha portato qualcosa a Bologna ed al suo dialetto. Quanto ai miei gusti personali, i miei preferiti sono Testoni e Sgarzi, tra i poeti, ed Alberto Menarini, tra i saggisti. Considero il Menarini come il numero uno indiscusso tra coloro che hanno scritto del dialetto. In verità egli ha anche pubblicato opere divertenti (raccolte di detti e proverbi) e storiche (Fotoconfronti col passato e foto di monumenti vari), ma la sua più grande opera è stato lo studio approfondito, competente e variegato di una vita intera di ricerca, tradotta in alcune pubblicazioni di grande pregio, che io colleziono e rileggo molto spesso. Egli ha anche avuto il merito di avere "inventato" una grafia che è certo la più perfetta per il nostro dialetto. Peccato che non abbia mai redatto un Dizionario, forse per abbondanza di altri già esistenti, ma almeno il suo avrebbe avuto una grafia più agile e leggibile, e, soprattutto, che non abbia mai scritto una Grammatica, ciò che manca al bolognese da sempre (per quanto ne so io) e di cui ho fatto qualche cenno in un mio modesto precedente saggio. Ho poi trovato un altro tentativo analogo, anche se più profondo, nel già citato dizionario edito da Vallardi.
6Abbastanza facile è elencare vocaboli, proverbi o detti, ma molto più difficile è articolare discorsi, ciò che una grammatica insegna a fare e ciò che finora è stato fatto da chi ha scritto commedie, racconti o poesie. Oltre alla Grammatica, l'istituzione che manca fortemente (forse non solo a Bologna) è una specie d’Accademia che sancisca, una volta per tutte, quale sia la corretta pronuncia e quale sia la grammatica del bolognese, come già ne esiste una per ogni lingua, italiano compreso! Un'istituzione che dovrebbe nascere dall'Università, visto che le tante Associazioni finora non hanno concluso niente. Un'istituzione che tuttavia non nascerà mai, poiché ogni cosa per nascere,ha bisogno di una necessità e a Bologna, ahimé, non c'è alcuna necessità di scrivere in dialetto!
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Paolo Canè

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