sabato 29 settembre 2007

LINGUE VIVE E LINGUE MORTE

Credo che la "lotta" tra progressisti e conservatori in fatto di lingue non avrà mai fine come quella tra le analoghe fazioni del Parlamento!
E' un discorso ormai vecchio, ma ogni tanto viene a galla questa nota divergenza, per cui il conservatore cerca di salvare la lingua, in un certo senso, mummificandola, mentre il progressista pare trovi un gusto sadico nell'inserire parole nuove, parole straniere, anche quando si tratta di veri e propri "mostri" e anche quando esse sono assolutamente superflue.
Due opposte posizioni, entrambe sbagliate!
Le lingue (e naturalmente anche i dialetti) si potrebbero dividere in due grandi categorie: quelle vive e quelle morte! Quelle morte, come il latino, tanto per fare un esempio, possono (e forse debbono) essere anche mummificate, in quanto non sono più usate e non possono (e non debbono) perciò progredire, mentre quelle vive, come il nostro italiano ed il nostro bolognese, finché sono usate, sono suscettibili di modificazioni, come lo sono sempre tutti gli idiomi ancora in uso. Sarebbe stupido ed inutile cercare nuovi termini per l'informatica in latino, come altrettanto stupido ed inutile sarebbe cercare d'impedire arrivi (ma anche partenze!) di nuovi termini, sia che essi siano stranieri o italianizzati o neologismi costruiti su basi greco-latine: il progresso non si può fermare. Tuttavia sarebbe altrettanto stupido ed inutile chiamare “pundghén” il “mouse”: chi può voler usare questa parola quando è al computer?!
Occorrerebbe perciò che i conservatori fossero un po' più possibilisti ed i progressisti non avessero così tanta fretta di rinnovare o di inserire ciò che è inutile! Ma so bene che le mie sono parole al vento!
Piuttosto ho notato un fatto curioso: i meno istruiti sono i maggiori innovatori delle lingue e dei dialetti, forse perché non conoscendo i termini già esistenti, ne inventano o ne introducono dei nuovi, mentre gli intellettuali si limitano unicamente a denunciare gli orrori, ma si guardano bene dal creare o almeno dal vigilare se non altro in quanto a buon senso e a buon gusto. E per "meno istruiti" non intendo solamente quelle persone che non hanno avuto la fortuna di andare a scuola, ma anche e soprattutto giornalisti (della carta e della TV), conduttori televisivi, politici e personaggi pubblici i quali non dovrebbero essere ignoranti e in vece lo sono, se non altro perché creano (e spesso male!) ciò che non sanno che è già esistente! Gente che ci prova gusto ad inventare, credendo forse di apparire così più alla moda!
E, come già detto, si arriva a lamentare un'istituzione che manca o, se c'è, che non funziona come dovrebbe. Un'istituzione che stabilisca le regole di grammatica, i vocaboli e la pronuncia della nostra lingua e di tutti i nostri dialetti e che sia lei stessa a decidere quali termini siano da accettare e quali siano da eliminare oppure (come nel caso dei dialetti) come essi si debbano scrivere e pronunciare, accettandone le inevitabili variazioni, almeno finché tutti questi idiomi vivranno. Anche giornali e TV dovrebbero vigilare di più, per evitare gli strafalcioni dei loro dipendenti.Poi, stabilito ciò, chi vorrà, potrà anche continuare a creare "parolacce", a parlare (male) l’inglese, a scrivere e pronunciare il dialetto in modo scorretto, ma almeno noi avremo il diritto di chiamarli ufficialmente ignoranti!
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Paolo Canè

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