martedì 4 novembre 2008

IL MONDO ARABO (E NON SOLO) NEL BOLOGNESE SCHERZOSO

A quanto pare agli Arabi non piace molto scherzare, specialmente su certi argomenti. Noi bolognesi invece scherziamo su tutto: fanti e santi! Sarà perché la lingua araba è povera di vocali finali, come il bolognese, che molti nomi riferiti a quei popoli si prestano a giochi di parole in dialetto; tuttavia non è una nostra esclusiva, infatti per i romani Alì (nome diffuso) si presta a dire: “a li mortacci….”, e per i ferraresi Gamal (località egiziana) a: “gà mal a una gàmba” (ha male a una gamba).
Del resto si è giocato anche in italiano con Amman (città giordana) “Rapina… a man armata” e con l’Aiatollah Komeini: “è… appollaiato là”. Da ragazzi abbiamo giocato sui (lunghissimi) nomi dei due filosofi arabi: Abu al-Walid Muhammad ibn Ahmad ibn Muhammad ibn Rushd e Abu Ali al-Husayn ibn Sina, da noi chiamati (per fortuna!) Averroè e Avicenna, dicendo: “vero è che si difendevano a vicen(d)a!”.
In bolognese si dice: “mó ché (quèl) d’Egétt”, quando s’intende una cosa improbabile o strana, e si dice anche in italiano. Come da sempre si è scherzato sull’Egira (la fuga di Maometto): “e gìra e frólla” (gira e frulla) o sul nome del famoso faraone egizio Tutankamen “tùt ànca mé?” (prendi anche me?) e ancora sul titolo di Khan (come il principe Karim, figlio dell’ Aga Khan): “fiól d’un Khan!” (figlio d’un cane).
Non è stato risparmiato nemmeno Allah: “al l’à in màn” (ce l’ha in mano), per tacere del noto personaggio dell’Ifigònia Allah ben Dùr, dallo sconcissimo significato.
In tempi non molto lontani si scherzava sul nome dell’uomo politico iraniano Mossadeq: “mó s’a déggh ed nà” (ma se dico di no!). E poi, durante la Guerra dei Sei Giorni, su Nàsser: “làur là i vólen murìr par nàser” (vogliono morire per… nascere), senza dimenticare la striscia di Gaza: “la gàza lèdra”.
E’ stata poi la volta dell’attore Omar Sharif: “am pèr che Sharif al fàga al saràf” (sembra che Sharif faccia lo gnorri). Più recentemente è stato il turno del leader palestinese Arafat; “l’arà fàt bàn? L’arà fàt mèl?”(Avrà fatto bene? Avrà fatto male?), poi di quelli egiziani Sadat:”an s’adata brìsa” (non si adatta) e Mubarak: “mu…barac e buratén!” (baracca e burattini).
Ancora più recentemente si sono presi in giro i Talebani: “T’al è bàn ciapè” (l’hai ben preso) e il terrorista, ricercato da tutti, Al Zarkawi, che per la verità si adatta più al ferrarese: “al zarcàvi dapartùt” (lo cercavo dappertutto).Quanto alle due fazioni che si stanno fronteggiando in Libano, Al Fatah e Hamas, noi potremmo dire: “Al fa tànta gatèra che quèsi quèsi a l’amaz!” (fa tanto baccano che quasi lo ammazzo!). Infine, sono cose di questi giorni, la vicenda del dittatore iracheno Saddam: “al so mé dùvv al s’à da métter” (so io dove si deve mettere) e il deputato israeliano Kazav (un nome, una garanzia!) sospettato di molestie sessuali: “Càza vì incósa (butta via tutto). Ma i bolognesi ne hanno una per tutti, anche per chi arabo non è, come il famoso regista americano Kazan: “al cazàn vì” (lo gettiamo via), l’ex presidente della nostra Repubblica Saragat e lo scienziato francese Ampère: “al sarà un gàt, mó a mé am pèr un càn” (sarà un gatto, ma a me pare un cane) e, per finire la lista (ma sarebbe ancora lunga…) il presidente americano Bush: “a s’é ràtt al bùs” (si è rotto l’autobus, …se non di peggio!).
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Paolo Canè

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