Grande risonanza è stata data tempo fa all’inaugurazione della lapide che ricorda i 750 anni della legge emanata il 3 giugno del 1257, per la liberazione degli schiavi.
Si sono scomodati nientemeno che il Sindaco, il Cardinale e il Rettore, cioè Comune, Chiesa e Università! Probabilmente solo il Rettore è bolognese, come me, ma amare la propria città, non vuol dire essere ciechi. È bello, infatti, ricordare un antico documento, rinnovare una vecchia tradizione, ma l’estensore dell’articolo, anziché riferirsi all’attuale schiavitù di lavoratori extracomunitari e prostitute, avrebbe potuto, senza retorica, accennarne a due fatti veri, che nessuno vuol ricordare:
a) che contemporaneamente a Bologna (se non prima) una simile legge fu emanata a Pavia e probabilmente in altre città
b) che la legge non fu voluta per giustizia o pietà nei confronti dei servi della gleba, ma per sferrare un colpo agli aristocratici ghibellini, privandoli così della loro manodopera in campagna e favorendo il trasferimento in città di circa 5.000 ex schiavi con lo scopo di procurare manodopera agli opifici e di far loro pagare le tasse!
Oggi tutte quelle istituzioni che allora erano in lotta (soprattutto Comune e Chiesa, poiché l’Università contava ancora poco), si trovano in piazza, mano nella mano, a commemorare e a fingere di aver voluto tutti quella legge per pura filantropia!
E il Sindaco che ricorda il suo corregionale Bonaccorso da Soresina, Capitano del Popolo di Bologna, forse per far presente che non è il solo cremonese venuto a far danni nella nostra città!
NOTA: in seguito la liberazione dei servi della gleba deve essere diventata una moda europea, poiché il re di Francia Luigi X (1289-1316) per far fronte alle spese di una nuova guerra, propose ai servi una tassa in cambio della loro libertà. Ma dato che molti di essi piuttosto preferivano rimanere nella loro condizione di servi, il re li obbligò a pagarsi tale libertà. Obbligò anche coloro che non la volevano affatto!
Paolo Canè
Si sono scomodati nientemeno che il Sindaco, il Cardinale e il Rettore, cioè Comune, Chiesa e Università! Probabilmente solo il Rettore è bolognese, come me, ma amare la propria città, non vuol dire essere ciechi. È bello, infatti, ricordare un antico documento, rinnovare una vecchia tradizione, ma l’estensore dell’articolo, anziché riferirsi all’attuale schiavitù di lavoratori extracomunitari e prostitute, avrebbe potuto, senza retorica, accennarne a due fatti veri, che nessuno vuol ricordare:
a) che contemporaneamente a Bologna (se non prima) una simile legge fu emanata a Pavia e probabilmente in altre città
b) che la legge non fu voluta per giustizia o pietà nei confronti dei servi della gleba, ma per sferrare un colpo agli aristocratici ghibellini, privandoli così della loro manodopera in campagna e favorendo il trasferimento in città di circa 5.000 ex schiavi con lo scopo di procurare manodopera agli opifici e di far loro pagare le tasse!
Oggi tutte quelle istituzioni che allora erano in lotta (soprattutto Comune e Chiesa, poiché l’Università contava ancora poco), si trovano in piazza, mano nella mano, a commemorare e a fingere di aver voluto tutti quella legge per pura filantropia!
E il Sindaco che ricorda il suo corregionale Bonaccorso da Soresina, Capitano del Popolo di Bologna, forse per far presente che non è il solo cremonese venuto a far danni nella nostra città!
NOTA: in seguito la liberazione dei servi della gleba deve essere diventata una moda europea, poiché il re di Francia Luigi X (1289-1316) per far fronte alle spese di una nuova guerra, propose ai servi una tassa in cambio della loro libertà. Ma dato che molti di essi piuttosto preferivano rimanere nella loro condizione di servi, il re li obbligò a pagarsi tale libertà. Obbligò anche coloro che non la volevano affatto!
Paolo Canè
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