No, non è la Compagnia Aerea Israeliana, ma si tratta di quegli strani prefissi che noi bolognesi usiamo nel parlare il nostro dialetto. Infatti è noto che per rendere l’italiano “io l’ho mangiato” noi diciamo “mé a l’ò magnè”, come dire “io a l’ho mangiato”, così come “ci sono andato “, “mé ai sàn andè”, “io a ci sono andato” ecc. e non è possibile parlare bolognese senza usare uno dei suddetti espedienti e perciò è impossibile dire “mé l’ò magnè”, “mé i sàn andè”, ecc. Chiarito ciò, che peraltro è pratica usuale di tutti, mi sono soffermato oggi a pensare e, a meno che io non sia improvvisamente rimbambito, mi sembra di aver fatto una…scoperta!
Si tratta di qualcosa che ho notato nel redigere un testo in dialetto, a conferma del fatto che, se si dicono o scrivono parole singole, è tutto (quasi) facile, mentre se si fanno o si scrivono discorsi articolati, l’orecchio ci porta ad usare questi prefissi, cosa che noi ormai facciamo automaticamente, ma che nessuno ci ha mai insegnato, in modo che lo facciamo, ma non ce ne rendiamo conto e non sappiamo perché!
La “scoperta” (a meno di una smentita che è sempre possibile) sarebbe questa: prendiamo ad esempio “magnèr”(mangiare)e alcuni generi alimentari come “parsótt” (prosciutto, singolare maschile), “arcóta” (ricotta, singolare femminile), “spaghétt” (spaghetti, plurale maschile) e “taiadèl” (tagliatelle, plurale femminile) e vediamo di combinare qualche frase.
Per il singolare,maschile e femminile,noi usiamo “al” ed “a”, che sono sempre riferiti all’oggetto e mai alla persona (sempre una terza persona) che (in questo caso) l’ha mangiato, perciò: “al parsótt al l’à magnè lì, al l’à magnè ló”, mentre “l’arcóta a l’à magnè lì, a l’à magnè ló”.
Quando invece siamo noi a parlare di noi stessi, diremo “al parsótt a l’ò magnè mé” e “l’arcóta a l’ò magnè mé” il riferimento pertanto non è più verso ciò che si mangia, maschile o femminile che sia, ma verso noi .
Così nel plurale “i spaghétt i àn magnè làur” il riferimento sarà per gli spaghetti, indipendentemente dal fatto che “làur” siano maschi o femmine (essi o esse), e “el taiadèl égli àn magnè làur”, per lo stesso motivo. Qui c’è da dire che questo “égli” (articolo femminile plurale, se la parola che segue comincia per vocale) sta sparendo rapidamente, sostituito da “a gli”. Ed anche “el” (articolo femminile plurale se la parola comincia per consonante), viene spesso sostituito con “al” e si sente dire “al taiadèl i àn magnè làur” come se le tagliatelle fossero di genere maschile!
Come nel caso precedente, se siamo noi a parlare di noi stessi, diremo “i spaghétt ai ò magnè mé” e “el taiadèl ai ò magnè mé”, con questo “ai” riferito a noi e non più al genere delle cose che abbiamo mangiato!
Mi sembra una caratteristica del nostro dialetto, poiché in italiano diciamo “il prosciutto, lo ho mangiato (la ricotta la ho mangiata) io, essi, esse, loro, ecc.”e “gli spaghetti li ho mangiati (le tagliatelle le ho mangiate) io, essi, esse, loro ecc., dove cambia l’articolo, cambia il verbo, ma il riferimento è invariabilmente alla “cosa” e non alla persona. O no?
Paolo Canè
Si tratta di qualcosa che ho notato nel redigere un testo in dialetto, a conferma del fatto che, se si dicono o scrivono parole singole, è tutto (quasi) facile, mentre se si fanno o si scrivono discorsi articolati, l’orecchio ci porta ad usare questi prefissi, cosa che noi ormai facciamo automaticamente, ma che nessuno ci ha mai insegnato, in modo che lo facciamo, ma non ce ne rendiamo conto e non sappiamo perché!
La “scoperta” (a meno di una smentita che è sempre possibile) sarebbe questa: prendiamo ad esempio “magnèr”(mangiare)e alcuni generi alimentari come “parsótt” (prosciutto, singolare maschile), “arcóta” (ricotta, singolare femminile), “spaghétt” (spaghetti, plurale maschile) e “taiadèl” (tagliatelle, plurale femminile) e vediamo di combinare qualche frase.
Per il singolare,maschile e femminile,noi usiamo “al” ed “a”, che sono sempre riferiti all’oggetto e mai alla persona (sempre una terza persona) che (in questo caso) l’ha mangiato, perciò: “al parsótt al l’à magnè lì, al l’à magnè ló”, mentre “l’arcóta a l’à magnè lì, a l’à magnè ló”.
Quando invece siamo noi a parlare di noi stessi, diremo “al parsótt a l’ò magnè mé” e “l’arcóta a l’ò magnè mé” il riferimento pertanto non è più verso ciò che si mangia, maschile o femminile che sia, ma verso noi .
Così nel plurale “i spaghétt i àn magnè làur” il riferimento sarà per gli spaghetti, indipendentemente dal fatto che “làur” siano maschi o femmine (essi o esse), e “el taiadèl égli àn magnè làur”, per lo stesso motivo. Qui c’è da dire che questo “égli” (articolo femminile plurale, se la parola che segue comincia per vocale) sta sparendo rapidamente, sostituito da “a gli”. Ed anche “el” (articolo femminile plurale se la parola comincia per consonante), viene spesso sostituito con “al” e si sente dire “al taiadèl i àn magnè làur” come se le tagliatelle fossero di genere maschile!
Come nel caso precedente, se siamo noi a parlare di noi stessi, diremo “i spaghétt ai ò magnè mé” e “el taiadèl ai ò magnè mé”, con questo “ai” riferito a noi e non più al genere delle cose che abbiamo mangiato!
Mi sembra una caratteristica del nostro dialetto, poiché in italiano diciamo “il prosciutto, lo ho mangiato (la ricotta la ho mangiata) io, essi, esse, loro, ecc.”e “gli spaghetti li ho mangiati (le tagliatelle le ho mangiate) io, essi, esse, loro ecc., dove cambia l’articolo, cambia il verbo, ma il riferimento è invariabilmente alla “cosa” e non alla persona. O no?
Paolo Canè
Nessun commento:
Posta un commento