martedì 15 gennaio 2008

Proverbio n. 194

Spùd dal cócch.
La bava dei carciofi.

Proverbio n. 193

Spazèr's al cùl con un coriàndol.
Come fanno gli avari.

Proverbio n. 192

S'a pós caghèr quàssta….
Se può passare questa…

Proverbio n. 191

Ràmper i sunài (marón, bàl, zanétt, quaión, el scàtel).
Disturbare.

Proverbio n. 190

Quànd l'ària l'é ràssa, o ch'la péssa o ch'la sóppia.
Cielo rosso: pioggia o vento.

PAGANINO BONAFEDE E IL "THESAURUS RUSTICORUM"

Un interessante capitolo apparso sulla Strenna Storica Bolognese, edita a cura del Comitato per Bologna Storica e Artistica nel 1962, scritto da Agostino Bignardi, ci parla del nostro concittadino Paganino Bonafede o Bonafè (1310-1375 ca.).Chi era costui? Bologna gli ha dedicato una strada fuori porta Mazzini, ma non so se in tutta la città ci siano 10.000 persone che sanno chi egli fosse. Fu contemporaneo del Petrarca e "collega" del più famoso bolognese Pier de' Crescenzi, tuttavia anche di quest'ultimo i bolognesi sanno poco: io stesso, che ho frequentato per cinque anni l'Istituto Tecnico a lui intitolato, non sono mai stato informato su chi egli fosse e ho dovuto fare personali ricerche per sapere che fu un dotto ed eclettico concittadino, vissuto dal 1233 al 1321. Questi eccelse in varie discipline (medicina, diritto), ricoprì varie cariche (giudice, assessore) e nel 1305 pubblicò la monumentale opera Liber Ruralium Comodorum, ritenuto il codice agrario del Medio Evo, intorno al quale furono ridestati (dopo Virgilio) gli studi agrari a Bologna, ma anche in tutta la penisola ed io penso che si debba a lui l'antica tradizione agricola della nostra Regione. Dunque personaggio di notevole spessore, anche se oggi la maggioranza dei bolognesi sanno molto meglio chi siano Lucio Dalla o Gianni Morandi! Ebbene, il nostro Paganino, pur avendo trattato lo stesso argomento del Crescenzi, non ne aveva la statura né la cultura, tuttavia ci ha lasciato il suo Thesaurus che è valido sia per quanto concerne l'agraria e le tecniche di semina, coltura, concimazione, potatura e quant'altro di cereali, viti, olivi, ecc., sia perché esso fu scritto (55 anni dopo l'opera di Pier Crescenzi) in un linguaggio che, nonostante il titolo latino, è considerato il primo saggio di poesia didascalica volgare di tipo "rustico", poiché non è scritto né in dialetto, né in volgare illustre, ma in un linguaggio "nuovo" fatto in gran parte di forme dialettali bolognesi volgarizzate, come osservò il Vivarelli. Ed è proprio questo aspetto che mi interessa e del quale voglio trattare. Scriverò pertanto qui di seguito tutti i versi del Thesaurus riportati dal Bignami e ne uscirà un elenco di parole e di consigli frammentari, sui quali farò qualche commento.
Ritengo interessante e doveroso ricordare questi due bolognesi, diversi per la loro importanza, ma uguali nell'essere…ignorati anche dalle buone enciclopedie! Penso che non dovremmo essere tanto ignoranti e che qualcuno dovrebbe istruirci sui nostri grandi concittadini del passato: non è sufficiente dedicare loro una strada e basta! Ma vediamo Paganino:

Anni trecento e mile sesanta 1
dal comenzare della vera fede santa 2
de Cristo gratioso et benigno… 3
…tute le infrascritte cose… 4
…e del teren e del piantare 5
e d'altre bone cose che son da fare… 6
…de seminare secondo li tereni 7
terren crudegno, tufo, bisio over bertino, 8
dolce, forte, bruno, rosso over giallo… 9
il gran restudo, toxello, asarino e ciciliano 10
…ogni teren ch'è magro e fievole 11
senza letame è poco frutevole 12
…se un altro ben tu glie vo' fare 13
subito fa la stoppia arrare 14
e revolgere ella tutta dentro 15
che l'è un gran ingrassamento… 16
…quando la terra è troppo grassa 17
lo gran mai ben garnire lassa… 18
(il letame) dagliene spesso e poco per volta 19
Quando tu voi seminare formento 20
al primadizio sta sempre atento, 21
e però semina da setembre 22
com'è compide le vendeme. 23
Sichè semina adoncha primadizio 24
prima che venga el fredo e'l strizio. 25
Loda el serodan e tienti al primadizio. 26
…le biave c'àno la spica 27
altre biave da cornechie 28
o civaie o legumi (sitiola e vernia) 29
melega, miglio e panìco. 30
De la vigna e de la stasone del potare… 31
…de invischiare la vigna per le rughe, 32
del fare le proane, del piantare della vite… 33
…delo insedire de la vite.. 34
…perché lo grande aculturare 35
è quel che vigna fa frutare… 36
…e poi e piglia un poco con un dito 37
e ungi bene lo capo della vite 38
disotto dalli ochi ne lo capo novo 39
che li è di bisogno e li fa luoco, 40
e le rughe andar su non porano 41
a li ochi de la vite affarli dano. 42
Se taioli piantare vorai 43
come io dirò così farai 44
dico che l'insedire tu faci 45
inanci che 'l suchio suo t'impaci, 46
le sede se voleno spolenare 47
spesse volte e no 'l falare. 48
Zapare si è l'onguento 49
che tiene sano lo piantamento. 50
De li olivi; de le grane di olive chative 51
ogni arboro che voi aledamare 52
ledame schietto mai non li dare 53
ma meseda cun tanta terra in prima… 54
li olivi vechi si volon potare d'ogni seccume 55
…poi mitti su una stuora (le olive) 56
e ben d'intorno le fassa 'lora 57
sì che non tochino la terra né 'l muro. 58
Peri, prugni, meli, mandoli, mori, fichi, 59
persichi, nuci, muniache, nucelle. 60
…e nota ancora questa dotrina: 61
che ogni pianta picolina 62
se piglia più volintiera 63
che quella pianta ch'è grosiera, 64
e durerà più lungamente 65
e abij questo bene amente. 66
Molto se vol ben zapare 67
ogni pianta a remenare 68
quatro volte o tre almen l'ano 69
per le poce radice che ano, 70
e la terra sta allora amorosa 71
tu non li porissi mai far la miglior cosa. 72
Muri da fare perfeta foglia 73
che sia ruvida grossa e dura, 74
come de' essere de natura 75
per vermi da foliselli 76
che fina seta fazan quelli 77
alla primavera 78
quando gli stornelli fan de dui schiera. 79
Or tutte le cose che qui son ditte, 80
e che son qui notate e scripte 81
tutte quante son certe e proate, 82
e corrette e regolate 83
per Paganin de Bona fé 84
che le compose e disse e fé 85
per amaistrare quelli che men sano 86
da lui se tanto saver vorano. 87
Explicit thesaurus rusticorum. Deo gratias. 88


Sono poco meno di cento versi dei poco meno di mille scritti da Paganino che sono arrivati fino a noi. Non è questa la sede, né sono io qualificato per discutere di agronomia (per quanto le tecniche ed i consigli dati in materia siano validi ancora oggi!). Vorrei soltanto soffermarmi un poco sul linguaggio usato dal nostro concittadino che non è, come si è detto,dialetto bolognese e nemmeno italiano colto, come quello usato allora da pochi eruditi, tra i quali certo quel Pier Crescenzi che pare Paganino nemmeno conoscesse.
Del resto la maggioranza degli eruditi scriveva ancora latino che era e restava la lingua colta ufficiale e presumo che la stragrande maggioranza del popolo a quei tempi (650 anni fa) non sapesse l'italiano e non sapesse nemmeno questo "basso" volgare, il quale peraltro mi sembra molto più vicino alla lingua di Petrarca che non al dialetto dei bolognesi. Farò qualche nota interessante (e per me divertente!) su forme e parole scritte allora, le quali richiamano il dialetto che parliamo ancora oggi ed è a questo scopo che ho numerato gli 88 versi:
1-2-3: un modo complicato per dire che correva l'anno 1360 d.C.
8: "cudràggn" significa ancor oggi "coriaceo", "terreno cretaceo", mentre "bertén" (o “bartén”) è il nostro solo modo d'indicare il grigio, a parte il brutto "grìs".
10: "grano restudo" significa "aristato", cioè con una specie di spiga e forse il corrispondente termine dialettale, come altri, è andato perduto. E "tusèl" è ancor oggi un tipo di grano senza resta; "asarino e ciciliano" (forse siciliano) sono due tipi di grano duro.
16: "che l'è" in dialetto "ch'l'é". Buoni consigli per l'aratura.
19: lo stesso aveva detto il de' Crescenzi, ma può essere una coincidenza.
20: "formento" è forma più simile a "furmànt" che a frumento.
21: "primadézz" significa precoce e "atento" è il nostro "aténti"(una "t")
23: "compide le vendeme", cioè dopo la vendemmia.
24: "adoncha" più simile a "dànca-adànca" che a "dunque".
25: "strézz", screpolato anche se oggi è riferito soprattutto alla pelle.
26: qui cita un proverbio che è sopravvissuto nei secoli: "Lóda la lódla,mó tént al primadézz", cioè seminare anche avanti il tempo delle allodole!
27: "c'àno", nel nostro italiano colloquiale diciamo "c'hanno".
28: le cornechie (el curnàcc') sono i bacelli
29: "stióla" e "vérnia" sono le fave precoce e tardiva
30: "melega, miglio e panìco" sono tre cereali poveri d'allora. Oggi io conosco solo "méii" in dialetto, ma il primo ha dato origine ad un diffuso cognome (come "ligabò" e "bunèga" dei quali ho già detto in altra sede)
31: la stasone, derivato da "stasàn"
32: "rùgh" sono i bruchi nocivi alla vite, come le formiche e altri parassiti (le rughe)
34: insedire, cioè "insdìr", innestare in toscano!
40: luoco è quel "lùgh" ormai quasi scomparso che significa "il suo posto"
41: non porano, cioè non potranno, "in p’ràn (brìsa)" e mi piacerebbe sapere se questa doppia negazione già esisteva o se è entrata in uso dopo!
42: affarli dano, "a fèri dàn" (tutti consigli per fare il vischio).
43: "taiól" è la talea ancora oggi.
46: "suchio suo" e la linfa della pianta
51: "chative" è "catìvi", quasi che l'acca accentui l'unica "t" canonica!
52: "aledamare", mettere il letame e ci ricorda la nostra "aldamèra"
54: "meseda" traduzione da "màssda-armàssda" mescola.
55: "si volon" e infatti "is vólen"
56: "stuora" la stuoia che oggi si chiama "sturén"
57: "'lora" sarebbe l'aria o forse "l'óra" = l'ombra?
58 e 73: "muro" è il moro, il gelso, in dialetto unicamente "màur"
60: "pérsga", "mugnèga" frutti chiamati così ancora oggi che con le latineggianti "nuci" e "nucelle" trattai già in altra sede.
63: "volintiera" come "vluntìra" o "d'vluntìra" con la "a" finale.
66: "tenere amente" è il nostro "tént in amànt" cioè ricorda.
75: "come de' essere" ricalca "cùmm l'à da èser"
77: "fazan", facciano si dice ancora identico insieme alla forma "fàgan"

Io mi sono divertito a fare questa ricerca, non so il lettore! Certo che uno degli aspetti più affascinanti e misteriosi delle lingue e dei dialetti è il loro incrociarsi e mescolarsi ed il loro divenire nel tempo.
Non c'è, non c'è mai stato un giorno in cui qualcuno abbia detto:" Adesso stop col latino e parliamo tutti in italiano!", né ci sarà qualcuno che un giorno, qui a Bologna, dirà:" Stop col bolognese e parliamo italiano".Sono cose che avvengono gradatamente, quasi inconsapevolmente e direi automaticamente, secondo i grandi eventi storici che sanciscono il predominio o la decadenza di un certo idioma e l'insorgere di altri. Cose che dipendono dai diversi stadi di alfabetizzazione, di acculturamento delle genti. Solo a distanza di secoli possiamo dire:"Questo è latino, questo è dialetto, questo è italiano" (pur se tutti si trasformano lentamente), ma mentre viviamo il nostro tempo non ci accorgiamo dei cambiamenti, a meno che non ci si faccia molta attenzione!
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Paolo Canè