lunedì 9 giugno 2008

Musica: gli Old Players alla Corte Isolani

Cari amici, se ne avete voglia, se la cosa vi interessa, se vi piace la musica (e se non piove troppo!) vi avviso che il mio gruppo (Old Players) si esibirà nei pomeriggi del 16 e del 23 giugno dalle ore 16 alle ore 20 in un cortile della Corte Isolani in Piazza Santo Stefano. Non saranno certo concerti memorabili, ma noi ce la metteremo tutta. In ogni caso vi prego di non portare uova, pomodori e ortaggi vari!
Ciao.
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Paolo Canè

RISUNÀNZ (n. 148)

Un ragazèl l'é a lèt con una scàia e al dìs:

"Sèt che t'è una bèla gnóca grànda?"
E lì: "Và bàn, mó al n'impórta brìsa che t'am al dégga dàu vólt!"
"Dàu vólt? Bèda che la secànda le stè l'éco!"

I PIDÉN ‘D VIDÈL (n. 147)

La mèder col cìnno: "Zanàtt, va zà dal b'chèr a vàdder s'l'à i pidén ed vidèl".
Al cìnno al và e al tàurna a màn vùdi e la mèder a gli d'mànda:

"Alàura?"
"Alàura an al sò brìsa; l'avèva el schèrp!"

CINEMA A LUS RÀSSI 2 (n. 146)

Dù ambrùs i én int un cìnema a lùs ràssi: ló al stà a séder e lì l'é achinè ch'ai fà una lavuraziàn! Improvisamànt la s'impéiia la lùs: ló al métt al capèl in vàtta al só afèri e lì la fa cànt ed zarchér quèl par tèra. Alàura un sgnàuri gentìl ch'l’éra a séder lé atàis a gli gé: "Sgnurén-na, s'la zàirca l'usèl, l'é sàtta al capèl!"

CINEMA A LUS RÀSSI 1 (n. 145)

Dù ambrùs i én int un cìnema a lùs ràssi e ló, ch'al s'éra inaré cumpàgn a un sumàr, al dìs con l'ambràusa:

"Dài, Maria, fàm una pugnàtta".
E lì: "Mó s'at l'ò apànna fàta!"
E ló: "A chi? A mé?".

ESCLAMAZIONI

Nel bolognese, come credo in tutti i dialetti, c’è una tale varietà di esclamazioni o modi di dire e modi d’intercalare, che la lingua non ha, benché anch’essa ne sia abbastanza ben fornita. Ho pensato spesso al motivo e credo che una così vasta gamma di coloriture e di sfumature sia una precisa caratteristica di ogni idioma solo parlato e non scritto. Quasi che la gente semplice e di scarsa cultura, quella che ha sempre parlato il dialetto, sia più incline ad usare frasi fatte o proverbi o modi di dire di quanto non lo sia chi abitualmente usa una lingua scritta, che abbia le sue belle regole. Infatti, se parliamo (naturalmente in dialetto) con un vecchio contadino, ci accorgiamo che egli ricorre spesso a frasi fatte, molto più spesso di quanto non faccia un professore di lettere, il quale è magari più propenso a fare citazioni latine!
Quella inesauribile fonte d’informazioni che è mio padre (del quale ho spesso parlato nei capitoli precedenti), usa la sua brava gamma di espressioni che, agli orecchi moderni, possono apparire quanto meno strane. Non so se si tratti di modi di dire soltanto suoi, ma non credo: credo che siano esclamazioni che a sua volta ha udito da altri e che magari oggi sono in buona parte dimenticate. Ne esaminerò solo alcune. Cominciamo dalle più ricorrenti tra tutti i bolognesi: bòia d’un mànnd lèder (boia di un mondo ladro) è quasi il simbolo di ogni bolognese. Adès at al déggh (ora te lo dico) è un modo abbastanza comune d’intercalare un discorso, e serve per sottolineare l’importanza o l’esagerazione di ciò di cui si sta parlando: lulà al ciàpa trì milión al màis ed pensiàn, adès at al déggh! Come dire "Scusa se è poco!". Ch’a s’intindàggna (tanto per intenderci) si usa quando si dice qualcosa e si esige obbedienza: i sóld ch’at ò imprestè ai vóii indrì, ch’as intindàggna! (Come dire: "onde evitare malintesi"). Al pèr l’univérs! (sembra l’universo), una frase che mio padre ha sempre usato per descrivere qualcosa di incredibile: Ai é una móccia ed zànt ch’al pèr l’univérs! (C’è una incredibile folla). Tótt i quaión! È una delle espressioni più buffe che può equivalere ad un "adesso capisco!", ma non si sa se i quaión siano delle persone imbranate o i testicoli: non lo sapremo mai! Am bèl baióch! O forse ah, un bèl baióch! Un’esclamazione ormai quasi sparita che Menarini, in un suo libro, ebbe a tradurre scherzosamente "ah, un bel soldo!" e che equivale a "te lo credo bene!".
E infine due espressioni tipiche di mio padre: e vì la mègra! (e via la magra), modo di dire multiuso, compreso il nonsenso, dove la mègra (come ebbi già modo di osservare) rappresenta o le scartine del gioco delle carte o qualcosa inerente alla coltivazione, ma, in ogni caso, nulla a che fare col significato che il bolognese intende dargli. Mio padre dice spesso (in italiano) anche "avanti coi carri!", ciò che ho sentito dire anche da altri, con lo stesso significato esortativo, ma credo che ciò venga da qualche film western! Infine (almeno per ora) l’altra strana espressione: a vóii ch’al nàiva! (capisco che possa nevicare), che non ha nulla a che vedere con le condizioni meteorologiche! In realtà è una frase che significa tutto e niente e che si usa col significato simile (ma non uguale) a "sfido io!". "Stà aténti an imbalzèret lé" "Ai vàdd ànca mé, a vóii ch’al nàiva!" ("Attento a non inciampare lì" detto a chi ci vede poco, il quale risponde "Ci vedo anch’io", sottintendendo, con quella frase, "sarò anche miope, ma non cieco!").
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Paolo Canè

RIME IN PILLOLE (pagina 11)

In materia di “scibboleth” ne abbiamo uno curioso per smascherare il forestiero:

Ciàpa ch’la pàndga, méttla int la làta e scudózla!

…quanto al “brisa” scriveva Raffaele Buriani in un sonetto per nozze del 1870:

Me, ch’a sòn nâd in tla zittâ dèl “brisa”
Dov a-i è quèl candlott dla Tòrr di Asnì,
A-i ho imparâ ch’a-v si fatt dir in Cisa
E che ozz finalmèint a-v spusarî.


Infine, riguardo ai “simitón” (smancerie) ecco alcuni autorevoli esempi:

Al bsogna fermar la vos, parlar schiett, intunar i simitun e i gran alt ch’s’usin adess’
(Benedetto Marcello, Il Teatro alla moda, 1720)

e però state in cervello e non fate simiton.
(Giovanni Nascimbeni, note e ricerche intorno a Giulio Cesare Croce, 1914)

An l’avèva acgnussò, che mi perdoni!Mo non facci micca semituoni.
(Lorenzo Stecchetti, presentazione della Sgnera Cattaraina, Cappelli 1972)

Ecco un detto molto noto e forse anche un po’ malizioso:

Tóla e mandóla,
l’é sàmper ch’la gnóla!
Tóla e mandóla,
e scós’m al sacàtt!


Al Teatro dei Burattini, ai tempi della guerra Russo-Giapponese:

La guerra nel Giappone è una gran consolazion,
si vedono volare le palle di cannon,
chi pérd una gàmba, chi pérd al piripì,
al póver Fasulén al squézza par de drì
Cincin, cinalì, ecc.

(A.Menarini, Bologna dialettale, 1978)

Diceva il dottor Annibale Bartuluzzi nel 1779 nell’Asnada, a proposito del fatto che ciascuno scrive a modo proprio (ed è ancora così e così sarà sempre!):

Ogn’ Bulgneis fá a só mod l’urtugrafì n’avend ensuna lezz da tgniri drj
(A.Menarini, in diverse sue pubblicazioni)
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Paolo Canè

RIME IN PILLOLE (pagina 10)

Anche Venezia dicevano:

Chi impresta libri o la mugèr,
resta de Ca’ Donà o de Ca’ Corner!


Filastrocche buffe, di genere analogo, che i ragazzi dicevano negli Anni Venti:

Era un sorriso (mó ‘d chi?)
Dei sogni miei (mó bàn)
Da lei diviso (mó par cósa?)
Tutto per lei. (pistulàn!)
Rendimi, rendimi (mó cósa?)
L’anima mia (puvràtt!)
Che per te spasima (ed cósa?)
Di gelosia. (l’é bàcch!)

E quest’altra:

Il trono vacilla! (pianti un ciód!)
Chi salverà mia figlia? (quàll ch’vànd la bérra!)

Carolina Coronedi Berti riporta nel 1894 quest’antica cantilena fiabesca:

Pisén, pisèla,
Colora si bèla
Colora si fina
Par salta Martina.

(vedrete poi a pag. 28 una versione leggermente diversa, ma più completa)

E, a proposito di San Martino, Carlo Musi cantava nel 1908:

Mó la pió bèla usanza
l’é quella ‘d Sàn Martén,
i bàvv’n, i s’imbarièghen,
i sguàzen grànd e cén!


Gioacchino Belli scriveva nel 1833 contro chi portava nomi d’animali:

So’ nomi da cristiani l’Asinelli,
li Cavalli so’ nomi da cristiani?
E li Lupi e li Gatti e li Porcelli?
Sentisse di’ pe’ strada: eh, sor Villani,
sor Ciavatta, sor Fuga, sor Granelli,
sor Pelagalli mio! Sor Castracani!
(A. Menarini, Uomini e bestie nel dialetto bolognese, 1970)
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Paolo Canè

8 GIUGNO 2007- 8 GIUGNO 2008: UN ANNO DI BLOG!

Un anno fa sono iniziate le mie pubblicazioni su questo blog che parla di Bologna, della sua gente, del suo dialetto, delle sue tradizioni. Dodici mesi (che, in effetti, sono stati solo dieci per via della sospensione estiva) nei quali ho avuto la soddisfazione di contare oltre 7.700 contatti da oltre 60 Paesi del mondo e, lo dico con franchezza, non mi aspettavo tanto! Infatti io non sono né un intellettuale, né un addetto ai lavori, ma semplicemente un bolognese amante della propria città, delle sue tradizioni e della sua squadra di calcio! Un appassionato che da una vita usa il dialetto, raccoglie materiale e che s’ispira a studiosi ben più competenti, in fatto di grafia, aggiungendo qualche elemento personale (per quel che può valere), senza la presunzione di voler stabilire regole che non sono mai esistite e che non esisteranno mai…almeno finché non nascerà un Dante Alighieri bolognese in grado di stabilirle! Tutto ciò che scrivo su usi, dialetto e quant’altro, è materiale raccolto da varie fonti o anche mie personali considerazioni su argomenti magari anche trattati più degnamente da altri, ai quali però ho inteso dare una veste più semplice, forse ingenua, ma diretta al consumo di persone semplici come me. Ringrazio i tanti lettori “silenziosi” che evidentemente trovano un qualche interesse nelle mie modeste ricerche, ringrazio i molti che mi hanno scritto commenti a volte esageratamente entusiastici e non mi curo troppo di quei tre o quattro che mi hanno indirizzato astiose lettere anonime: probabilmente hanno creduto che io potessi ledere certi loro interessi, ma non è così, poiché io penso a me, alla mia Bologna, al mio dialetto e vado avanti per la mia strada. D’altronde l’indice di gradimento di questo blog ed il successo editoriale dei libri scritti in collaborazione con il noto storico Tiziano Costa dimostrano che, se pure ad un modesto livello, sono sulla buona strada e tanto mi basta.Ringrazio perciò ancora una volta tutti gli utenti del blog e i lettori dei libri, ovunque essi siano!
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Paolo Canè