lunedì 7 aprile 2008

RIME IN PILLOLE (pagina 3)

Ecco una poesiola d’anonimo autore, datata 1850 e scritta allorché un’ordinanza vietò le “mance” cioè gli omaggi di droghieri e bottegai alla clientela, a costoro dedicata:

Da un rispettabile vostro collega,
di ricco fondaco, d’ampia bottega;
fu resa pubblica un’avvertenza
che delle mance restiamo senza
le quali soglionsi da voi signori
dare agli assidui vostri avventori;
talché rimanesi a bocca netta,
come si annunzia nella Gazzetta.
O voi che, in grazia dei soldi nostri,
vedeste prosperi i conti vostri,
esperti e provvidi in ogni affare
ed esattissimi, anche a pesare,
perché, con l’anima al bene avvezza,
usate al prossimo tanta durezza?


Ancora a proposito di mangiare, ecco una parafrasi, leggermente sacrilega:

Va’ fuori d’Italia,
va’ fuori ch’è l’ora,
và a dìr a l’arzdàura
ch’la cùsa i macarón!


Ed anche alcuni mottetti popolari, usati localmente, nei quali il nome del paese muta a seconda del bersaglio a cui mirano:

Roma caput mundi
Budrius secundi
Bulàggna la gràsa
e l’ignuranza ed qui ed Munzón inción la pàsa!

Oppure:

Bononia docet
Budri s’bdòcet!

Ma i budriesi rispondevano:

I bulgnìs i én lùv, bécch e curiùs!

E ancora, a sottolineare che Bologna non è così gradevole per i forestieri (…ma sarà poi vero, visto il grande numero di forestieri che qui si trasferiscono?):

Bulàggna la gràsa
par chi ai stà, brìsa par chi ai pàsa.
-
Paolo Canè

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