venerdì 18 luglio 2008

QUANDO LA “O” DIVENTA “U” E VICEVERSA!

La parola “con”, oggi pronunciata e scritta come in italiano, fino a tutto il Settecento e, talora, anche nell’Ottocento, veniva scritta (e forse anche pronunciata) ”cun”: el taiadèl cun al ragù, ciò che oggi più nessuno fa, se non forse qualche provinciale, e che molto probabilmente ricalcava il latino “cum”. Ma vi sono altre mutazioni da “u” ad “o”: basti pensare che, fino ad un secolo fa, molte parole come “originale”, “opinione”, ecc. venivano scritte (e pronunciate) uriginèl, upiniàn, ecc. mentre oggi, forse per influenza dell’italiano, si sente dire dovunque originèl, opiniàn, ecc. Tuttavia gran parte delle parole che in italiano iniziano per “o”, in bolognese continuano ad iniziare per “u”. Vediamo qualche esempio: ubidìr (obbedire), ucè (occhiata), ufàisa (offesa), udàur (odore), uséggin (ossigeno), urèl (orlo), utàn (ottone), ucèl (occhiali), urdinèri (ordinario), perfino urinèri (orinale) e tante altre. Da notare che “ufficio” ed “officina”, in dialetto fanno entrambi “u”:ufézzi,ufizén-na.
La corrispondenza del bolognese “u” con l’italiano “o” è così ben radicata nel nostro orecchio che, anche quando vogliamo scherzosamente tradurre in italo-bolognese una parola dialettale in “u” la rendiamo con “o”: usvéii (arnese)= osvìglio!
Altre parole iniziano per “o” anche in bolognese, ma poi prendono la “u”, nei diminutivi (fenomeno che si riscontra nelle lingue germaniche, dove la dieresi muta il suono delle vocali) ed anche negli aggettivi e nei verbi. Qualche esempio: óli- ulièr (olio-oliare), óca- ucarén-na (oca-ocarina), órt-urtlàn (orto-ortolano), óc’- ucèl (occhio- occhiali), ózi- uzièr (ozio-oziare), óbligh-ublighè (obbligo-obbligato), ecc.
Questa è la regola, ma…esiste anche il suo contrario! Ci sono infatti parole che iniziano per “u” in italiano, ma che iniziano per “o” in dialetto: ónnich (unico), óv (uovo), ómen (uomo), ómmil (umile), óttil (utile), ecc. Il motivo è dovuto in parte al latino (homo e ovum, che anticamente facevano, anche in italiano, omo e ovo), poiché, non dimentichiamolo mai, il bolognese e tutti gli altri dialetti non derivano dal toscano, ma direttamente ed autonomamente dal latino! Per altre parole, che anche in latino avevano la “u” (humilis, utilis, unicum, ecc.), si tratta probabilmente di distorsioni o adattamenti del latino, poiché, anche questo non dimentichiamolo mai, prima dell’avvento dei Romani, i nostri antenati non parlavano certo a segni, ma usavano altre lingue, autoctone o di origine celtica, le cui inflessioni, oltre ad influenzare il latino, non sono mai sparite del tutto.
L’ho già detto e lo ripeto: che cosa darei per sapere come parlavano i bolognesi del Medio Evo e che cosa darei per sapere come parlavano alcuni secoli prima, quando il latino si parlava soltanto nel Lazio e qui da noi si davano il cambio diversi popoli: dai Liguri agli Umbri, dai Villanoviani, agli Etruschi, ai Celti.
Infine, a proposito di ómen e di óv, vediamo che nei diminutivi e nei derivati riprendono la loro brava “u”: umarén e uvén. Questo mi fa ricordare che, tempo fa, in via Gombruti, aprì un’osteria dal nome “l’uvaról” e i proprietari adottarono come insegna una figura con dell’uva. Ma l’uva in dialetto si chiama curiosamente e brevemente ù, perciò, se mai esistesse, avrebbero dovuto chiamare l’osteria: “l’uèr”. L’uvaról è il “treccone”, cioè il raccoglitore di uova! C’era anche tràccuel (Mainoldi).
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Paolo Canè

1 commento:

gatta rosa ha detto...

bello il blog, complimenti per aver aperto un blog sulla cultura e la lingua... Metterò un link sul mio blog ;)

Una curiosità: come si dice in bolognese: "andiamo bene!" (in modo sarcastico)

Un abbraccio

Anahí
http://baciodellaluna.blogspot.com (Fantasia 2)