martedì 13 gennaio 2009

RIME IN PILLOLE (pagina 53)

Una sera del novembre 1880 s’incontrarono, al Caffè dei Cacciatori, Bacchi, Fiacchi, Cenacchi e Testoni, i quali decisero di fondare un giornale che avrebbe avuto un enorme successo a Bologna: Ehi, ch’al scùsa. E questa frase fu (pare) casualmente pronunciata da un cameriere che ritirò con garbo un quotidiano dal tavolo! Il nuovo giornale si presentò con questo…avviso pubblicitario:

Dàpp ch’al s’é farmè a lèzer e l’à imparè
che ai quàtr’ed giàmber al nàs un giurnèl nóv,
al pól tirèr inànz par la só strè.

E diventò tanto popolare che bastava incollare sui muri quest’avviso, perché tutti capissero che si trattava di Ehi, ch’al scùsa:

Ehi, bulgnìs,
v’dìv ‘st avìs?
D’màn al dìs,
Sàggna intìs?

***

Ecco ora un “botta e risposta” apparso sul “Somarino” del dicembre 1881 tra certo Petronio Stanga (ruscarolo) e il suo “cav. Somaro”. Sono gustosi gli strafalcioni:

Sonetto

O vipera crodel d’un Somarrino
che latri contro me nel Ehi ch’al scusa,
sapi ch’io son monicipal spazino
e me ne frego se un somarro al brùsa.

Vergognati quatrupede asassino
che vieni sempre a darmi qualche achusa
e creddi spaventèrum, povverino,
che ti creddi la testa di Medusa.

Sgnàur sé, frusto le braghe e gli altri pagni
a chavar l’erba da Senzalimónte.*
Io la cavo, sgnàur sé, ma tu la magni.

Sei più peggio di me, brótta spurchézzia:
io spazo col sodor dela mia fronte
e tu fai per Bologna l’immondezzia.

(* la seliciata di San Giovanni in Monte)
-
Paolo Canè

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