lunedì 9 luglio 2007

I Dinosauri

Una cosa, relativa al dialetto bolognese, di cui quasi nessuno parla è la "flemma" (la flèma), cioè quella caratteristica parlata, ormai quasi sparita, che avevano i vecchi bolognesi di città e che trovava riscontro anche e soprattutto nella parlata del Dottor Balanzone, maschera rappresentativa della città. Ho conosciuto nel corso della mia vita alcune persone che ancora parlavano in questo modo: un'amica di mia nonna (quella che ancora diceva "mé andó a chèsa", l'imbianchino Libero Masi, del quale ho scritto nei mie ricordi d’infanzia, ed anche il Commendator Edmondo Galletti, coetaneo di mia nonna Ada, il quale morì quasi centenario negli Stati Uniti, ma che fu prima nostro collega nell'industria dei giocattoli. Costoro avevano nella parlata tale caratteristica "flemma" la quale consisteva nel parlare molto lentamente, nel pronunciare le vocali molto aperte e nel quasi sillabare ogni parola, con un risultato simpatico e sereno, oltre che tipico dei veri petroniani di un tempo.

Dice Balanzone: "Ta-na-nàn Min-ghen-na, gnac-chere Ma-dóna flep-pa", una esclamazione senza senso che pronunciava appunto in questo modo, quasi staccato, con la sua beata flemma. Era un modo di parlare, ma forse indicava anche un prendere la vita con calma, bonarietà e filosofia. Un modo di parlare di cui prendiamo atto, ma che sarebbe fuori luogo voler riprodurre oggi, dove tutto è improntato a velocità, fretta, quasi un’ansia di consumare, per poi produrre, per consumare ancora. Un "dinosauro", qualcosa di estinto, come "dinosauri" sono moltissimi termini dei nostri nonni che possiamo trovare nei testi, in qualche antica commedia, ma che oggi suonerebbero come una fastidiosa ostentazione. Tipico esempio è quell'articolo di certa Liliana Nobili Sangiorgi apparso sul foglietto "Al pànt d'la Biànnda" di cui ho già parlato in altra sede. Cito a caso:

Pulismàn (vigile urbano) che moltissimi chiamano ormai véggil, brutto, se vogliamo, ma apparentemente inevitabile.
Sburdlèr (scherzare) che ormai tutti dicono "scarzèr".
Ruglàtt (gruppetto) che ha fatto posto a "grupàtt".
Sgugiól (gioco-scherzo) oggi "zuglén" o "schérz".
Tananài (baccano) oggi "casén" o "gatèra".
Siàn (fulmine) oggi "fólmin".
Busànch (geloni) oggi "zlón".
Cuérta zibè (coperta imbottita) oggi "cuérta imbuté".
Murèl (rosso scuro) oggi "ràss scùr".
Zighèla (toscanino) oggi "tuscanén".
Sbiàvda (pallida) oggi "smórta".
Béssa galèna (tartaruga) oggi "tartarùga".
Curén-na (supposta) oggi "supósta".
Sc’fón (calzini) oggi "calztén".

… e potrei continuare con centinaia, migliaia di esempi! Sono tutte parole o espressioni che gli appassionati debbono conoscere, ma che non si usano più o si usano molto raramente. Parole che appartengono al passato, che possiamo adoperare quasi come "licenze poetiche" se scriviamo "zirudelle", ma volerle usare, come nel caso citato, in un articolo di un giornale o, peggio, nei nostri discorsi di oggi, rappresentano un'inutile forzatura. "D'in su i veroni del paterno ostello" scriveva Leopardi magnificamente, ma credo che già allora usare "veroni" per "terrazze o balconi" e "ostello" per "casa o ospizio", fosse una forzatura, dunque perché voler usare parole antiche (o poetiche, come in questo caso), quando altre hanno ormai preso il loro posto? Le lingue e i dialetti (lo sanno anche i bambini) sono in continua evoluzione e noi possiamo sapere e studiare le parole antiche, ma dobbiamo usare quelle attuali, altrimenti faremmo una grande confusione tra passato e presente e non riusciremmo a dare un'esatta collocazione alle diverse cose.
La maggior parte degli attuali scriventi in dialetto, pur guardandosi bene dall'usare parole obsolescenti quando scrivono in lingua, fanno sfoggio di parole antiche, quasi volendole gabellare come attuali, quasi a voler insinuare: "Se non parli così, non parli vero bolognese"! Ciò non è vero e lo dimostra lo stesso Menarini che elenca tutte queste parole come antiche ma non le spaccia per parole ancora in uso. Io stesso, nel mio piccolo, raccolsi in "Voci caratteristiche bolognesi" circa 1.500 vocaboli, dei quali molti ormai in disuso, ma il mio scopo non era quello di "mostrare i muscoli" bensì quello di dimostrare (e neanche troppo segretamente) che, in aperta polemica coi toscani, il bolognese manteneva una più stretta relazione col latino: infatti, almeno per quel 20% di origini etimologiche che sono riuscito a trovare, dimostrai che tutto ciò che veniva definito "ostrogoto" dagli altri italiani, era in realtà latino! Lo studio del passato è una cosa, la pratica del presente è tutt'altra e sono due cose che occorre tenere separate, se si vuole essere seri. I dinosauri sono ormai estinti: se ne può parlare, li possiamo studiare, ma non dobbiamo dire che esistono ancora perché non è vero!
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Paolo Canè

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