lunedì 9 luglio 2007

I s'fón

Forse, piuttosto che s’fón, dovrei scrivere sc’fón, poiché il suono di questa parola (ormai in disuso) è praticamente uguale alla -sc italiana più che alla nostra semplice, seppur pesante, -s.
E' questo un termine che ho sentito usare da mio padre, spesso in tono scherzoso come generalmente si fa con parole del gergo, da pochi altri vecchi bolognesi e che ho trovato di recente sul citato articolo della signora Nobili, ma che non è mai stato riportato né dal Menarini, né dai dizionari in mio possesso, né da altri autori del nostro dialetto. Però credo d'aver trovato il corrispondente italiano, usato ancora 4 secoli fa, nel bel libro della prof.ssa Niccoli, sulla "Bologna del seicento". La parola è "scoffoni" (oggi sconosciuta anche ai dizionari italiani) e sono quasi certo che essa sia la…antenata in lingua di sc’fón, sia perché essa giustifica la -sc del termine dialettale, sia, soprattutto, per il significato che era quello di "calzerotti" (poi "calzini", "calzettoni" in generale) che a quei tempi erano parte importante di ogni corredo ed erano anche ciò che oggi definiremmo "articoli da regalo".
Ebbene, prendo questa parola in rappresentanza del dialetto bolognese che non si parla più e che sarebbe assolutamente inutile e falso voler ripristinare nella parlata di oggi! La si può usare per la rima in -ón di una filastrocca, la si può usare per scherzo, con quell'ironia con la quale ogni persona, anche di buona cultura e non necessariamente bolognese, cita ogni tanto termini del proprio dialetto, la si può studiare e classificare (come sto facendo io adesso!) nell'ambito di uno studio sulle parole in disuso, ma chi vuole parlare seriamente dialetto nel 2000 (ma anche dal 1950 in poi) deve usare "calztén"!
Ribadisco pertanto l'inutilità, ma soprattutto la falsità di voler usare termini ormai scomparsi in un contesto moderno. Del resto, la necessità di non fare confusioni temporali è irrinunciabile per ogni argomento: se vogliamo studiare, ma soprattutto capire, la storia, la politica e qualsiasi altra disciplina,se vogliamo capire il perché dei fatti, il perché dei modi, in quei luoghi e in quei momenti, dobbiamo necessariamente inquadrarli nel loro tempo ed esaminare tutto ciò che accadeva intorno negli stessi momenti! Solo così ci potremo spiegare, solo così potremo capire le cose. Il resto è pura fantasia!
Occorre perciò stare molto attenti, quando si studia o si esamina o si critica qualsiasi cosa a non fare confusione tra ciò che appartiene a tanti anni fa e ciò che abbiamo oggi, anche se si tratta di cose apparentemente simili o uguali o comunque confrontabili, ma lo sono solo …apparentemente!
Può capitare che ad un risultato simile o addirittura uguale ci si arrivi per due strade completamente diverse e questo è uno dei grandi tranelli dai quali bisogna guardarsi, specialmente nel vasto campo dell'etimologia, insidioso ed ingannevole più di un campo minato! Ma è così in tutto, anche in politica: non si può giudicare alla stessa stregua, poniamo, un regime totalitario instaurato cent'anni fa dal popolo X ed uno instaurato oggi dal popolo Y: due motivi diversi, due mentalità diverse, due scopi diversi e sarebbe troppo facile, oltre che falso e superficiale, classificarli entrambi sotto la lettera "d" di dittatura! Ma torniamo al dialetto.
Questo confronto sc’fón-scoffoni è intrigante sia perché si tratta di termini ormai scomparsi da tutti i dizionari dialettali ed italiani (almeno da quelli che ho consultato io) e si ha perciò l'impressione di avere a che fare con rari ed affascinanti reperti archeologici, ma soprattutto perché il confronto mi dà la possibilità d'interrogarmi sull'antico dilemma linguistico e dialettale "se sia nato prima l'uovo o la gallina"!
Sarà sc’fón che è stato italianizzato in "scoffoni" o sarà il contrario? Non c'è nessuno che me lo possa dire, almeno io non ho possibilità di fare ricerche, ma sarebbe veramente interessante saperlo. Per conto mio, sono abbastanza convinto della prima ipotesi, poiché, come già ripetuto più volte, i dialetti si sono venuti a formare con la fusione del latino con dialetti preesistenti o susseguenti, PRIMA che la lingua italiana fosse "inventata". Molti secoli prima e perciò presumo che nel bolognese esistesse la parola sc’fón, prima di "scoffoni", di "calzerotti" di "calzini" e anche di calztén! Ma lo presumo soltanto e mi guardo bene dall'affermarlo, anche perché ogni ipotesi è plausibile: che "scoffoni" o qualcosa di simile sia un'antica parola italiana caduta in disuso, o una voce del basso latino, o parola toscana o francese o proveniente da qualsiasi lingua o dialetto, insomma, senza conferme, senza studi approfonditi in etimologia non si può dire assolutamente nulla, anche se a tutti piacerebbe avere la fortuna del macellaio Schliemann che scoprì Troia quasi per gioco o del biologo Fleming che scoprì la penicillina quasi per caso o di Colombo che scoprì l'America quasi per disgrazia!
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Paolo Canè

1 commento:

oniccoli ha detto...

Credo di poter rispondere alla domanda di Paolo Cané se sc'fon sia la traduzione di scoffoni o viceversa. La risposta giusta è la seconda. Infatti i notai del tribunale del Torrone che registravano le deposizioni provvedevano ad adattarle traducendo dal dialetto in cui si esprimevano i testimoni. La ragazza che raccontava di aver ricevuto degli scoffoni come dono di nozze abitava in un paese dell'appennino e certamente avrà parlato degli sc'fon che le erano stati donati.
Ottavia Niccoli