giovedì 27 settembre 2007

SALIRE E SCENDERE

In italiano si usa “salire” in quasi tutti i casi, nei quali non si usano verbi più specifici come “montare”, “risalire” ecc. Nei dialetti le cose vanno diversamente: in quelli meridionali si usa “inchianare” o “'nchianari” o simili (anche se in napoletano si usa, ad esempio, “na rézza ca sàglie” = una rete che sale), mentre in bolognese il verbo “salìr” non esiste, ma se anche esistesse, sarebbe un improbabile maschile della… “saliera” (salìra) o, al massimo, un operaio che lavora…nelle saline! Da noi si dice “andèr só”, oppure (sempre con “andèr”) “in vàtta”, “ed có” e simili. A volte, al posto di “andèr”, si usa “saltèr”, specie quando si sale su qualcosa che si muove o che si muoverà. Analogamente per “scendere”, verbo che esiste con piccole differenze in tutti i dialetti del centro-sud, dal toscano “scendere” a “scìnnere” a “scinniri” ecc. (ma anche con la variante di tipo “calare”), in bolognese si dice “andèr zà” o “saltèr zà” o “v’gnìr zà”, ecc. Non esiste “sànder” (orrendo!), mentre esiste “calèr”, ma nel significato di “diminuire”. Nei dialetti meridionali, “scendere” è spesso usato in modo transitivo,dando origine al buffo “scendere le valigie dal treno”.
Tuttavia, in bolognese, il verbo che si unisce a “zà” (“giù”, così pronunciato dai vecchi cittadini, mentre altri pronunciano “zò”), ha sempre un suo preciso significato e tali verbi non sono affatto intercambiabili. Si usa infatti “saltèr zà” nel senso di scendere dall’auto o dal treno o da un burrone o anche da un albero, però solo nel caso che la persona ( o l’animale o la cosa) facciano un vero salto: se scendono lentamente, come anche nel senso di scendere dalle scale, si usa “v’gnìr zà”. Si direbbe quasi che si usi “saltèr” quando si scende da un mezzo mobile o quando si scende da qualsiasi cosa con un salto e “v’gnìr” quando si scende lentamente, in modo più naturale, più dolce. Perciò: “ai vén zà un’àqua…” (piove forte), “al vén zà da la muntàgna” (scende, proviene dalla montagna), “vèn bàn zà dal pàir” (non darti troppe arie o anche è ora di pagare) e “ai é saltè zà la cadàn-na” (gli è scesa la catena della bicicletta), “l’é saltè zà dal lèt” (è sceso dal letto, ma in modo precipitoso: forse anche perché i letti di una volta erano… molto più alti!). La differenza tra “al salté in vàtta à la biziclàtta” e “al ciapé la biziclàtta” sta nel fatto che nel primo caso la bici viene inforcata più precipitosamente e magari al volo! “Mandèr zà” invece si riferisce sempre a un boccone o a un dispiacere, ma questa espressione si dice anche in italiano (mandar giù), come del resto alcune delle altre (saltare giù dal letto), ma non tutte: saltare già dalla macchina, nel senso di scendere dall’auto, si dice solo a Bologna (e forse in qualche altro dialetto settentrionale) e lo si dice anche quando parliamo il nostro curioso italo-bolognese. In questa lingua, tutta nostra, ma sopra tutto nel dialetto si usa “saltèr só” (saltare su), oltre che per “salire”, anche nel senso di “sbottare”, cioè quando qualcuno interviene bruscamente per dire la sua.
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Esistono in dialetto anche altri verbi ed altre espressioni per “salire” e “scendere” ed ognuna presenta sfumature diverse che il parlante sa come e quando sia opportuno usare, tuttavia è chiaro che, data la diffusa ignoranza di molti parlanti, alcune di esse vengano frequentemente scambiate o usate a sproposito.
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Paolo Canè

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