mercoledì 25 marzo 2009

RIME IN PILLOLE (pagina 63)

Sembra incredibile come, frugando tra i meandri della propria memoria, si riescano a ricordare cose ritenute ormai dimenticate. Questi sono soltanto frammenti, ma mi affretto a scriverli, prima di dimenticarli del tutto…e per davvero! Comincio con alcuni giochi che si facevano con carta e matita (o anche sulla sabbia):

Il gioco del “quindici”. Si prende la matita e si recita in fretta:
quindicisonquindicisonsemprestatiquindicisenonsarannoquindicilitornoaricontar

Il “segreto” sta nello scandire ritmicamente la formuletta, scrivendo un’asticella ad ogni battuta (in corrispondenza delle lettere che qui ho sottolineato in grassetto), infatti, se si vanno a contare, si vedrà che sono 15. Appunto!
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Il gioco della piazza. Si può fare anche in italiano e qui io scriverò la formula come la ricordo, ma è passibile di variazioni. Prese carta e matita, si dice all’interlocutore (che è ovviamente un bambino):
A sàn stè in piàza
Ai ò cumprè dàu óv (contemporaneamente si disegnano due occhi) • •
Ai ò cumprè una candàila (si disegna un naso sotto gli occhi)
Ai ò cumprè una fàtta éd m’làn (si disegna una bocca ridente, sotto il naso) ---
Ai ò fàt al gìr d’la piàza (si fa un circolo intorno al tutto) O
…e quàssta l’é la tó fàza! (così ridevano i bambini, prima… del computer!) ☺
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Tre “rebus” uno dei quali…a luci rosse:
1) 66 80 fedeintè! (Se santa sei, ho tanta fede in te)
2) C C C (semicerchi, non “c” sono!= se mi cerchi non ci sono!)
3) 16 (disegnare una dama) (dis. delle armi) 11 (dis. una chiave) (dis. un remo)
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Stupidaggini dette da noi ragazzi:
1) Si vis vivere contentum, noli scaraciare contro ventum.
2) Dù e dù squàquer, squàquer e dù usì, sì e dù óch.
3) Qui mortus est mai più sgambitlerum.
4) Paradigma: fero, fers, tuli..nt’al cùl, e làsum, fèr!
5) Studiando Cicerone:
Quod fecistis, Catilina
in obscurum giù in cantina?
ad pulcherrimam bambinam
tastavistis passerinam!
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E infine un…frammento di una canzonetta che mi cantava mio padre: io non ricordo che questi versi e lui non ricorda più nulla (era cantata con accento campagnolo):

…ch’al n’um dàga una sbiricucléda, ch’al n’um fécca là d’là da la zéda…
(dai miei ricordi d’infanzia)
-
Paolo Canè

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