mercoledì 8 luglio 2009

SASSI

Sia in italiano che in dialetto, tutto è abbastanza chiaro per quanto concerne le varie terminologie che riguardano i sassi e affini, i problemi cominciano quando si vanno a raffrontare le due parlate! In italiano abbiamo:
sasso, che è un frammento di roccia, generalmente abbastanza piccolo, altrimenti è:
macigno, sasso più grande
pietra, è un po’ la stessa cosa di “sasso”, con la differenza che questo termine è usato per definire una infinità di cose (p. di paragone, filosofale, tombale, miliare,ecc.)
mattone, è il laterizio da costruzione.
In bolognese innanzitutto manca completamente il termine “roccia” e, se qualcuno volesse usare l’inesistente “rócia” o il bruttissimo “róza” lo farà a suo rischio e pericolo! Noi abbiamo:
sàs, che è normalmente un pezzo di roccia o di ghiaia, quasi sempre piuttosto piccolo, ma che non ha nulla a che fare con la pietra (préda) come accade in italiano. I “sàs” si lanciano (anche col “tirén”) e danno vita a qualche modo di dire, come “sàs bèle tràt” (voce verbale antica, oggi sostituita da “tirè”) che vale “il dado è tratto, la cosa è decisa”oppure “sèlta-sàs” che è il gioco del rimbalzello fatto sull’acqua, oltre a vari altri modi di dire come “una sasè”, nel calcio, un tiro fortissimo, ecc.
masàggna, sarebbe il macigno, ma in dialetto è femminile.Mi vengono in mente cose del passato: i “masgnón” grandi macigni e la “cà ed masàggna” un’antica casa che sorgeva sulla via San Vitale (attuale via Massarenti, all’altezza dell’imbocco della tangenziale), così chiamata perché era in buona parte costruita con grandi “masgnón” e che qualche irresponsabile imbecille ha deciso di demolire qualche anno fa!
préda, che sarebbe la traduzione di “pietra” (con la sua brava metatesi “etr=red” come nei dialetti meridionali “preta”, a differenza del piemontese “péra”), ma che qui ha un significato tutto nostro: non vuol dire “pietra” o “sasso”, ma…mattone! Unicamente il laterizio da costruzione. Perciò, se qualcuno vi ha tirato una “preda” oppure ha dato una “spardè int i vìder” (anche nel senso figurato di cosa improvvisa e sgradita), avrà tirato inequivocabilmente una mattone da muratore! Anche questo termine ha dato vita a vari modi di dire: “èt la préda a cà tó?” (domanda che si fa a chi non chiude la porta), “avàir al mèl d’la préda” (che ha il doppio significato di calcolosi, epatica o renale, e quello di chi ha l’assillo di possedere case), “la préda d’aguzèr” che sarebbe il cote, ecc.
madàn, infine, non è affatto il “mattone, ma la “zolla”, parola che in dialetto non esiste, anche se abbiamo Zola Predosa, ma è probabile che questo nome derivi dalla lingua o che un tempo esistesse “zóla” anche in dialetto o che abbia altra origine!
E’ parola maschile e si usa soprattutto al plurale: madón, dove dà origine ad altri modi di dire, come “avàir i madón al sàul” (essere proprietari terrieri, mentre in italiano “avere mattoni o pietre al sole” significa essere proprietari di case!), “ràmper i madón” (spaccare le zolle, come fa il contadino). Una discreta confusone, nella quale tuttavia noi bolognesi ci sappiamo destreggiare abbastanza bene, ma è certo che ogni volta che qualcuno, parlando italiano, dice “pietra” nell’invisibile fumetto che c’è sulla nostra testa appare…un mattone!

Paolo Canè

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