mercoledì 8 luglio 2009

TÀS E TÀSS

Giorni fa, nel corso di una delle mie tante ricerche linguistiche, ho osservato che in italiano la parola “tasso” ha almeno quattro significati, a parte… il grande poeta napoletano (e suo padre!):
1) Il carnivoro dormiglione, simile al ghiro
2) L’albero delle conifere dal legno durissimo
3) Un indice numerico collegato al tempo (di interesse, di natalità, ecc.)
4) Un’incudine quadrata, senza coni, usata dai fabbri.
E questo per limitarmi al maschile, escludendo perciò…la tassa!
In dialetto abbiamo qualcosa di simile, ma solo per due o tre casi.
Infatti l’animale si chiama “tàs” (assolutamente con una sola “s” e non due come scritto su alcuni vecchi dizionari) e alcune fonti citano anche l’albero omonimo (anche se io, in tutta una vita di parlante, non ho mai udito chiamarlo così!), ma non mi risulta che esista un simile termine per la particolare incudine dei fabbri. Quanto all’altro caso, può darsi che si possa dire “al tàs d’intarès”, e magari si dice pure, ma credo che si tratti di una traduzione dall’italiano al dialetto! Una volta gli interessi si chiamavano semplicemente “frùt” (frutti), ma non possiamo pretendere che il dialetto resti inchiodato ai secoli passati!
Quanto alla “tassa”, detta al singolare è “tàsa”, ma al plurale (el tàs) viene ad aggiungersi ai casi suddetti…creando confusione! In fondo quest’ultimo caso viene a sostituire l’inesistente incudine, così anche in dialetto abbiamo quattro significati!

Scherzi a parte, quest’argomento da adito ad un ulteriore ragionamento che riguarda la lunghezza del suono delle vocali, invadendo così il campo minato della pronuncia con le sue regole…che non esistono!
Oltre ai casi suddetti, abbiamo un’altra parola in dialetto che suona simile ad essi ed è “la tàss” (la tosse) che io scrivo così, escludendo che scrive erroneamente “tòss” e chi vuole scrivere “tåss”, usando quest’inconsueta “å… svedese”, come faceva ancora mezzo secolo fa Mainoldi, ma come Menarini decise di non fare più!
Un sistema che, come ho detto più volte, ci costringe a fare una serie di ragionamenti prima di capire quale sia la pronuncia esatta, ciò che è in parte inutile, poiché io e migliaia di bolognesi pronunciamo (e scriviamo) esattamente tàss non tòss e, men che meno, tåss!
Eppure tra i casi, visti prima, scritti tàs e questo tàss c’è una sostanziale differenza: i primi comportano una “s” e questo invece due. Da un punto di vista morfologico non ci dovrebbero essere differenze, poiché se l’italiano fa “tasso” e “tosse” (con 2 “s”), anche il dialetto dovrebbe fare in entrambi i casi “tàss” o al massimo “tàs”!
Non è così, poiché, per motivi tutti nostri (vedi qui sotto), abbiamo deciso di pronunciare lunga la “a” di “tàs” e breve la “a” di “tàss” ed è proprio la presenza (nella pronuncia e nella grafia) di una o due “s” che sancisce tale differenza!Infine, quanto al “perché”, potrei osservare che il latino ha due diverse accentazioni: “taxāre” ha la quantità lunga e “tăxum” ha quella breve. Non è detto che sia quello il motivo, ma, dato che il bolognese discende direttamente dal latino,… hai visto mai?

Paolo Canè

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