giovedì 1 luglio 2010

At salùt.

Il bolognese non è generalmente molto espansivo e perciò le forme di saluto sono poche. La più diffusa è “at salùt” (ti saluto), l’altra è “adìo” ed è curioso che entrambe si dicono, a persone alle quali si dà del “tu”, sia quando ci si incontra che quando ci si accomiata, mentre, almeno “addio” in italiano si dice solo quando si va e quando si ha poche speranze di tornarsi a rivedere.
Il bolognese è così poco espansivo che altre due forme, pure abbastanza diffuse, le prende in prestito, storpiandole leggermente, dall’italiano: una quando si arriva e si saluta, solitamente, un gruppo di persone alle quali si dà del “lei” ed è “bongiórno”, (o “bonaséra”), l’altra quando si va via ed è “arivedérci”(o “bonanót”), quando addirittura non i buffi “arivederlo” e “arivedérsi”!
Quest’ultimo saluto mi porta a parlare di una forma di commiato, prettamente dialettale, equivalente al nostro “arrivederci” che è “a se v’dràn” (ci vedremo), che spesso traduciamo nel nostro italiano con “ci vediamo”. Qui la stranezza sta nel fatto che in dialetto si usa il verbo al futuro, mentre in italiano si usa al presente, tanto che poi qualcuno ritraduce in dialetto e dice “a se v’dàn” (cioè… si vediamo).
Curiosa è, infine, la locuzione “mó vè chi é qué” (ma guarda chi c’è qui), detta da chi arriva, che sostituisce “adìo” o “at salùt” o “bongiórno” (o “bonaséra”), per salutare e contemporaneamente per dimostrare la sorpresa di trovare una persona inaspettata. Ma io credo che si tratti semplicemente del solito stile ridanciano dei petroniani i quali pare abbiano quasi vergogna di usare forme di saluto più convenzionali.Credo che le forme di saluto in…arrivo e in partenza, siano solo queste cinque o sei.
Il dialetto non possiede il “ciao”, se non quando si parla in lingua. “Ciao” è la contrazione della vecchia formula, pronunciata con accento veneto, “Sciao vostro” (schiavo vostro) ed è una parolina così breve e simpatica che ormai si usa in quasi tutte le lingue del mondo! Nel Seicento (e forse anche un po’ prima e un po’ dopo) erano diverse le forme di smancerie, come “Servo vostro” o “Servitor suo” che diede origine all’antico saluto bolognese, ormai da moltissimi anni in disuso, “tersuà”, un saluto che qualcuno di ostina a fare rivivere, ma che suona alquanto stucchevole, anche perché, almeno all’origine, sia “tersuà” che “ciao” si dicevano a persone alle quali si dava del “lei” o del “voi”.
Poi ci sono altri tentativi di nuove invenzioni, le quali però sono destinate a rimanere ad uso e consumo di chi le ha inventate e dei suoi amici. E’ il caso di “arvàddres” che vorrebbe essere un “arrivederci”, ma che suona poco bolognese e falso come una moneta da tre euro. Vista l’invasione delle parole inglesi che sembra tanto di moda, tanto valeva inventare “baibài” (da bye bye) o “a s’lóngh” (da so long) che sono ugualmente fantasiose, leggermente antipatiche e poco bolognesi.

Paolo Canè

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