lunedì 22 settembre 2008

LA “ESSE” RACCONTA (parte 3)

TIPICI, chiamo così quei termini che sono tipici e rappresentativi del nostro modo di essere bolognesi. Purtroppo alcuni di essi sono già in via di sparizione, ma molti altri sono ancora vivi e vegeti. Diversi sono anche tradotti nel nostro italo-bolognese che comprendiamo solo noi. Sono parole che dovremmo cercare di conservare più a lungo possibile, poi sarà quel che sarà (italiano o peggio inglese o arabo!).
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Sacàn-na, giacca (proveniente dal gergo)
Sàcch e Saràca, entrambi per definire un individuo magro (sàcch stlè=magrissimo!).
Saguaièr, sciacquare, ma per il bucato vale Arsintèr
Salghè, Salghén, la seliciata e chi la fa.
Salén-na, il sale fino, che a Bologna chiamiamo tutti “salina”
Sanmichél, trasloco (in passato avveniva nei due giorni dedicati al Santo)
Sandràn, persona sguaiata o malvestita (dalla maschera modenese)
Sanguàttla, sanguisuga, mignatta, ma anche persona molto svelta e sfuggevole.
Sàntel-Sàntla, padrino e madrina
Santificétur, spesso storpiato in Santavicéta, se è una donna che fa la santarellina
Saràf, chi fa il finto tonto
Sàrrel, sedano, (plur: Sérrel=gambe molto magre)
Sbagérla, persona da poco o donna poco seria
Sbagiózza, merce di poco valore
Sbalérz, storto, sbilenco, ma anche strabico (l’à un óc’ sbalérz)
Sbandéren, una moltitudine, ma anche persona irrequieta e sempre in moto
Sbarlucèr, guardare di nascosto, occhieggiare
Sbatrì ‘d màn, applausi
Sbiàvd, sbiadito, pallido
Sbindlón, penzoloni
Sbisachè e Sbruzè, una moltitudine (tascata e barrocciata)
Sblisghèr e Sguilèr, scivolare, ma il primo significava anche “sciare”
Sbózz, abilità nel fare, talento
Sbraghiràn-Sbraghiràn-na, ficcanaso, impiccione (lui e lei)
Sbrudaiàn, brodolone, chi si sporca mangiando
Sburd’lèr, scherzare, giocare anche di cani
Sburzigh’lén, pizzicore, formicolio, uzzolo
Sbutinfiàn-Sbutinfiàn-na, grassone, ciccione (lui e lei)
Scabóff, scappellotto
Scagàza, paura
Scàia, donna di malaffare
Scalestrè, mal in arnese (di cosa e di o persona)
Scarnécc’, persona piccola e soprattutto magra
Scavzarì (ed gàmb), tremore delle gambe per la paura
Scóffia, cuffia, ma anche cotta, innamoramento
Scudóz, coccio, ma anche apparecchio o macchina antiquata e malmessa
S’fón (meglio Sc’fón), scoffoni, calzerotti, voce gergale, ma simpatica! Insieme a Scialèti, detto di persona con spiccata pronuncia bolognese (non citato dal Mainoldi) sono forse le sole parole che si scrivono con la “sc-“. Per tutte le altre basta la “s”!
Sfrumblàn, persona che è sempre in giro o in viaggio
Sgablànt-Sgablànta, testimone di nozze (forse da “sgabello”)
Sgadézza, segatura (spesso usata nella parola “avàir al zarvèl pén ed scadézza”)
Sgaligén, persona elegante, spesso detto anche in modo ironico.
Sgaramóffla, forfora, ma ormai usato pochissimo
Sgarlatón, garretti, parte inferiore delle gambe (drì ai sgarlatón = molto vicino)
Sgavagnères, cavarsela
Sghéssa, grande fame
Sgranfgnót, graffio, parola simpatica come tutti i diminutivi in “-ót”
Sguazén, godimento, spesso usato anche per dire il contrario “un bèl sguazén!”
Sgudàvvel, persona poco simpatica e non incline allo scherzo
Sguéggn, scivoloso, flaccido, molliccio
Simitón, complimenti in genere falsi di chi ostenta di non volere ciò che vuole!
Sladinèr, rodare, ma ormai sostituito da Rudèr
Slapazócch, testone o austriaco (nell’800 erano la stessa cosa!)
Smalvén, svenimento
Smanàzz, agitazione, euforia
Smàs, palmo (unità approssimativa di misura)
Smincèr, andare forte
Sóii, fango (parola bellissima come Rósch=immondizia)
Soncamé, sicuro, certamente, interiezione ormai solo degli anziani
Spàgna, erba medica
Spanézz, generoso, ma più spesso detto ironicamente a un finto generoso
Sparadèl e Spuntéren, due parti della scarpa (fóra dal sparadèl= fuori luogo)
Spéppla, bambina vivace
Spianèr, indossare per la prima volta (nessuno a Bologna userebbe mai “rinnovare”!)
Spinèl, tubo per annaffiare
Spisài, getto proveniente da tale tubo o altra sorgente
Splàddga, tessuti connettivi della carne macellata, ma anche la “ciccia flaccida”
Spomèti, tipo azzimato e impomatato: cognomizzazione di un aggettivo ironico come Schicchiruti, chi beve troppo (qui non citato), il già nominato Scialèti, Bragalduti,ecc.
Spónt, il gusto acido del vino
Sprócch, rametto pungente, come anche Sprucài, Sprucaién riferiti a ragazze carine
Sprunèla, rotella per tagliare la pasta (per tortellini, lasagne, ecc.)
Spulvràz, polverone: tipica espressione petroniana (italo-bol: spolverazzo).
Spunciàn, oggetto puntuto, usato anche per vezzeggiare i bambini
Squaiarót, piccola quaglia, ma anche persona piccola di statura
Squàlla (in), all’erta, trovato anche scritto “quàlla” e “s quàlla”. Ormai raro.
Squaquarèla, dissenteria, come anche Squézz, Cagàtta, Cagarót e via… dissentendo!
Squizàn, chi non sa tenere i segreti, mentre Squizòt è uno dei tanti bei termini in -ót.
Squès (più usato al plurale Squèsi), false moine, atteggiarsi in maniera affettata.
Squèsi, per alcuni vale “quasi”, ma io ho sempre sentito dire Quèsi!
Squénzia, la donna che si dà delle arie.
Stabièr e Stlèr, tagliare con l’accetta, fracassare, oltre al bel detto “mègher stlè”.
Satiózz-Staiuzèr, ritaglio, tagliuzzare
Stànch e Drétt, non stanco e dritto, ma sinistro e destro (oggi ormai: Sinéster, Dèster)
Stecadànt, originale e primitivo per “stuzzicadenti” col plurale in Stecadént.
Stianchèr, rompere (stianchèr incósa, tipico bolognese per “rompere tutto!).
Stiàpa, natica, ma anche chi non è abile, come Bróch, Trésst, Sbuvazàn, ecc.
Stiatén, bellissimo per “spruzzo”, invariabile al plurale.
Stièr, lavandino di cucina: di chi ha tutto si dice “lulé l’à al césso e al stièr in cà!”
Stiópa, doppietta da caccia, al femminile, mentre Stióp è un normale fucile.
Strafugnèr, sgualcire, ma anche per affettuose effusioni
Stralanchè, sciancato (di persona), ma anche traballante di automezzo o altro
Strambóc’, errore grossolano nel parlare, come anche il citato Balàn (plur: Balón).
Strà-Stramèz, tra, fra: simili rispettivamente all’inglese “between” ed “among”, ma Trà, come l’italiano, è ormai usato anche da chi crede di parlare bene il dialetto!
Strangusèr, tossire, quasi affogarsi.
Strasinèr, bellissimo per “sciupare”,ma ormai i giovani non lo usano più, come anche
Strécch e Strézz, rispettivamente “difficile respirazione” e “irritazione cutanea”.
Stricàtt (pl: Strichétt), tipo di pasta a forma di farfalla (“stretti” al centro)
Striflèr, stritolare (specie tra la folla o in autobus), bello ma ormai al tramonto.
Stuchè, stoccata, cioè battuta o insinuazione velenosa.
Stupài, tappo e Stupaién, vezzeggiativo per un bimbo. Oggi c’è l’orrendo “Tàp”.
Sturnèl, uccello, ma si dice di uomo alto e prestante
Susinèl, idem come sopra, ma io ho sempre sentito Susanèl!
Suféstich, bellissimo e ormai raro per chi è di gusti difficili.
Sulfanèr, rigattiere, poiché una volta vendeva anche i fiammiferi (Sùlfen).
Suzizèr, verbo ormai raro per indicare chi pronuncia male la “s” (…a proposito di “s”!)
Svultères, coricarsi, ormai quasi del tutto scomparso a favore di “andèr a lèt”.
A questo proposito ricordo che, come in molti altri casi, c’è chi scrive e chi pronuncia “svultères” e chi “svultèrs”: una delle tante ambiguità poiché non ci sono regole!
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(segue)
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Paolo Canè

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